Incubo stangata per la Triestina della vela
Il Fisco contesta l’attività sportiva e reclama arretrati da 145mila euro per il solo 2014. Il presidente: «Rischiamo di chiudere»

Velisti o pirati? Le contestazioni che il Fisco ha mosso nei confronti della Triestina della vela sono pesanti e potrebbero rappresentare un vero e proprio tsunami per lo storico circolo triestino. «Se dovesse passare la linea dell’Agenzia delle entrate faremmo prima a chiudere», commenta sconsolato Marco Penso, presidente della società fondata nel 1923.
La Triestina della vela, in buona sostanza, viene accusata di non svolgere o di svolgere solo parzialmente un’attività sportiva di tipo dilettantistico. A finire sotto la lente d’ingrandimento, a partire dallo scorso mese di agosto, sono state le attività svolte nel corso del 2014: l’Agenzia, nel corso di diciotto giornate di indagini, ha passato al setaccio un’enorme mole di documenti contabili e amministrativi, la corrispondenza ufficiale e quella non ufficiale, i verbali delle assemblee e dei consigli direttivi, il libro delle uscite, le mail inviate e ricevute. «Il verbale di accertamento - spiega Penso attraverso una lettera che di recente ha spedito a tutti i soci, con l’intento di invitarli il prossimo 14 novembre a un incontro informativo - sostiene in sintesi che le imbarcazioni ormeggiate alla Stv non hanno delle finalità connesse all’attività sportiva dilettantistica. Anche l’utilizzo degli spazi sociali da parte dei soci che non sono assegnatari di posto barca non avrebbe a che fare con lo sport della vela».
La fotografia scattata dal Fisco descriverebbe così un’attività commerciale che in più parti si sarebbe mascherata da società velica, al fine di poter usufruire dell’esenzione Iva che viene riservata alle Asd. «La tipologia dei rilievi - continua Penso - ci pone per molti aspetti sullo stesso piano di un marina che ha finalità di lucro». Adesso la Stv ha novanta giorni per produrre delle osservazioni in risposta al processo verbale definitivo, al fine di evitare una sanzione che in questa fase non è facilmente quantificabile ma che potrebbe anche superare i 145mila euro. Una cifra, relativa al solo 2014, che farebbe tremare i pontili affacciati su riva Grumula e che, come confermato a denti stretti dallo stesso presidente, obbligherebbe la società a coinvolgere gli stessi diportisti.
«L’attività del circolo - insiste Penso - è finanziata totalmente con le quote societarie ed è volta alla promozione dello sport velico. Svolgiamo una funzione sociale a beneficio dell’intera comunità cittadina». Penso, a sostegno della sua tesi, cita i numeri che contraddistinguono la società che presiede dai primi mesi del 2016: «Abbiamo circa 600 soci - rileva il presidente - e una squadra agonistica composta da ragazzi e ragazze dagli 8 ai 18 anni. Organizziamo 12 regate all’anno e due regate che prevedono la partecipazione di persone con disabilità. La nostra scuola vela, ogni estate, avvia a questo sport circa 250 giovani e giovanissimi. Le nostre quote societarie non costituiscono un utile d’impresa, ma finanziano l’intera attività sportiva giovanile, l’acquisto delle barche, gli stipendi degli allenatori, le trasferte e ogni aspetto dell’attività agonistica e didattica. L’organizzazione delle regate e l’assistenza in mare, inoltre, sono aspetti che garantiamo grazie all’intervento gratuito e volontario dei nostri soci».
Le società veliche si sentono nel mirino dell’Agenzia dell’entrate: gli accertamenti, in passato, hanno interessato il Circolo della vela Muggia, mentre di recente il Fisco ha fatto visita all’Adriaco e alla Lega Navale. «Abbiamo informato i vertici nazionali della Federvela e il Coni - conclude il presidente Stv -, nella speranza che si possa fare luce su questa vicenda e con il timore che ci vengano fatte delle contestazioni anche per gli anni 2015, 2016 e 2017. Siamo i primi a voler seguire le regole: è la politica della nostra società, ed è ciò che insegniamo ai nostri giovani».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo
Leggi anche
Video