Industria spaziale: la sfida triestina dei nanosatelliti, piccoli ma perfetti

TRIESTE Per l’industria dello spazio è uno degli assi di sviluppo del futuro: anche Elon Musk, il magnate di Tesla, sta investendo per sviluppare Starlink, il suo progetto di una rete internet satellitare creando la propria “costellazione” di piccoli satelliti, detti cubesat per la forma cubica, contando di lanciarne in orbita altri 7.518 nei prossimi anni e rendere la rete operativa nel 2020.
Tra i primi in Italia a intuire le potenzialità di questa nicchia di mercato c’è Anna Gregorio, docente di Fisica del dipartimento di Fisica dell’Università di Trieste e con oltre 20 anni di esperienza nella realizzazione di satelliti, anche in missioni firmate dall’Agenzia spaziale europea (Esa). Nel 2014 ha fondato PicoSaTs, spin off dell'Università di Trieste e start up innovativa di Area Science Park, insieme a Mario Fragiacomo, ingegnere delle telecomunicazioni, Mauro Messerotti, astrofisico dell’Osservatorio astronomico di Trieste, e Alessandro Cuttin, all’epoca dottorando in Ingegneria delle telecomunicazioni. «L’azienda - dice Gregorio - è nata da un’attività di ricerca mirata alla realizzazione del primo piccolo satellite a Trieste con un po’ di temerarietà. La nostra motivazione principale era andare oltre», «arrivare a prodotti reali e innovativi per lo spazio».
Oggi hanno un fatturato di circa 400 mila euro e sono in 10 tra fisici, ingegneri, esperti di marketing. Il direttore tecnico ha 31 anni. Federico Pergolesi, ingegnere elettronico e delle telecomunicazioni, in PicoSaTs dal 2016, lavora alla miniaturizzazione del sistema di telecomunicazione a bordo dei piccoli satelliti. «Dall’estate scorsa - dice - sono direttore tecnico assunto a tempo indeterminato dopo il tirocinio. Mi sono occupato della progettazione del nostro ricetrasmettitore e giro l’Europa per parlare dei nostri progetti di ricerca e relazionarmi con aziende complementari alla nostra, come chi realizza altre parti del satellite».
«È un mercato - commenta Gregorio - che sta esplodendo, nel 2019 ne sono stati lanciati in orbita 300 e da qui al 2022 dovrebbero più che raddoppiare, senza considerare la costellazione di Musk». Le applicazioni più ovvie dei cubesat: telecomunicazioni, sicurezza marittima, osservazione della terra con utilità ad esempio in agricoltura. I “triestini” sono satelliti a forma di cubo o elementi cubici che si incastrano come i Lego, pesano meno di un chilo, il lato è di 10 centimetri. Sulla carta dovrebbero avere le stesse funzionalità d’un satellite classico ma costano molto meno quanto a progettazione, produzione e lancio. La sfida sta nel costruire il sistema miniaturizzato perfetto che ancora non esiste, dal ricetrasmettitore di dati ad alta frequenza, al computer di bordo e al sistema di alimentazione. Una corsa a chi arriva primo sul mercato col prodotto più innovativo in assoluto.
Su PicoSaTs ha scommesso pure l’Esa per spedire sulla Stazione spaziale internazionale un prototipo di piccolo satellite progettato in collaborazione col Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Trieste. Il sistema è realizzato con l’ausilio di stampati in 3D, modulari e in materiale plastico, che integrano la parte elettrica rendendo il tutto molto più robusto, economico e facile da produrre rispetto a analoghi satelliti in alluminio. —
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