Isole di Sebenico dimenticate dagli uomini

Drastico calo degli abitanti. Restano solo i vecchi, i giovani preferiscono la terraferma

SEBENICO. La terraferma si è portata via le isole dell’arcipelago di Sebenico, o meglio dire i suoi abitanti. Si potrebbero riassumere così, in modo molto stringato, i risultati della ricerca condotta sulle isole di Clarino (Zlarin), Provicchio (Prvi„), Crappano (Krapanj), Capri (Kaprije) e Zuri (Žirje) da parte delle zagabresi Sonja Podgorelec e Sanja Klempi„ Bogadi, studiose presso l’Istituto croato per le migrazioni e le nazionalità. Le due ricercatrici hanno trascorso diversi mesi su queste manciate di terra sparse al largo di Sebenico, studiando la qualità della vita degli isolani per poi redigere un apprezzato lavoro scientifico, pubblicato nei giorni scorsi.

Quello che balza subito all’attenzione è che le citate cinque isolette vantavano nel 1961 la bellezza di 4.687 abitanti, mentre l’ultimo censimento nazionale in Croazia – quello del 2011 – indicava la presenza di 1.149 isolani. Si tratta di una popolazione in media parecchio vecchia, con il numero di over 65 che è superiore di cinque volte e mezza rispetto alla cifra degli under 14. È che su questi incantevoli isolotti vengono a stabilirsi soltanto pensionati, che lasciano l’appartamento o la casa sulla terraferma a figli e nipoti, venendo a vivere nelle abitazioni costruiti dai loro padri e dai nonni. A Capri, ad esempio, sono presenti 2 bambini e ben 103 anziani. Uno degli abitanti di Clarino, 91enne, ha raccontato alle due ricercatrici zagabresi che un tempo sull’isola vivevano 2mila persone. «Oggigiorno siamo in poche centinaia – ha aggiunto – e ci sono ben 200 persone ottuagenarie e anche più anziane. Certi mestieri sono spariti e l’ultimo raccoglitore di coralli a Clarino è morto un paio d’anni fa».

Rispondendo alle domande delle due studiose sui maggiori problemi che angustiano gli isolani, il 91 per cento degli interpellati ha parlato dell’isolamento, della solitudine e della carenza di un’adeguata tutela sanitaria. Agli ultimi posti la mancanza di negozi e di vari altri servizi. «La solitudine è un qualcosa che ti uccide dentro e fuori – ha raccontato un 58enne – la gente non è comunicativa come una volta e in questo senso è da disperazione il periodo che va dal primo novembre al primo aprile. Non c’è nessuno in strada e nelle piazze, niente turisti e solo qualche gatto furtivo. Lo Stato croato si comporta come una matrigna nei riguardi degli isolani. Mah, noi per quelli della terraferma siamo una zavorra». Un altro dato indicativo: nelle 94 scuole dell’obbligo presenti nella regione insulare croata, erano registrati due anni fa 7.133, il 2,1 per cento del numero complessivo di scolari in Croazia.

(a.m.)

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