Kulturni, sigillo alla Gorizia che dialoga

di Roberto Covaz
Ecco la Gorizia che non teme il futuro, che sceglie il dialogo e il confronto tra le sue diverse anime, che si tiene il proprio passato e rispetta quello degli altri senza brandirlo come una spada, che applaude per le parole che sente senza badare al colore sbiadito della politica da cui provengono. Ecco la Gorizia di quella multiculturalità che non è un vuoto parlare, ma la cifra della sua millenaria storia e che deve tornare ad essere il marchio di una città particolare, capace di farsi sentire, notare, amare.
Quello che è accaduto domenica sera sul palco del Kulturni dom per i trent’anni della casa di cultura slovena dovrebbe essere fissato in un dvd e proiettato, almeno, nelle scuole cittadine. Non vuoti discorsi, non schermaglie di circostanza, ma parole sincere senza sconti, pensieri proiettati al futuro.
Non siamo biografi di nessuno ma mai abbiamo visto un sindaco Romoli e un presidente della Provincia Gherghetta così emozionati. La loro salita al palco è stata accompagnata da sinceri applausi. Replicati e amplificati dopo i loro brevi ma profondi interventi. Gherghetta ha ricordato come trent’anni prima in questa stessa sala era tra il pubblico per l’inaugurazione del Kulturni dom: «All’epoca non tutti, pure nella sinistra, credevano nella multiculturalità. Oggi è la nostra carta vincente». Gherghetta ha donato al Kulturni dom una targa con incisa una frase che sintetizza efficacemente il senso dell’anniversario: “Qui parte il futuro di Gorizia”.
Il sindaco Romoli ha dato atto al Kulturni dom di essere stato capace di uscire dalla ghetizzazione di centro esclusivamente ad uso della comunità slovena ed essere diventato polo culturale cittadino aperto a tutti. Poi una frase che testimonia di come i tempi, per fortuna, siano davvero cambiati: «Ciascuno si terrà il suo passato, ma il futuro è insieme e insieme dobbiamo viverlo».
Ha poi parlato il ministro della Repubblica di Slovenia per gli sloveni nel mondo Bostjan Žeks, stimolando ilarità tra il pubblico (il suo discorso però non è stato tradotto in italiano).
Ma il centro della serata è stato il travolgente intervento di Boris Peric, presidente del cda del Kulturni dom. Un discorso lucido, equilibrato ma non timoroso di urtare sensibilità. Una sorta di manifesto programmatico del futuro di Gorizia. Peric ha ricordato la pagina nera di storia goriziana risalente al 4 novembre del 1926 quando i fascisti bruciarono il Trgovski dom. «Solo il 27 novembre del 1981, con l’inaugurazione del Kulturni, la comunità slovena di Gorizia ha potuto chiudere un periodo tragico della sua esistenza. Nei primi anni di vita questa struttura è stata esclusivamente al servizio degli sloveni e in questo abbiamo commesso un errore. Poi ci siamo aperti alla città e la città è venuta da noi, con le sue anime italiana, slovena, friulana, tedesca e altre ancora. Gorizia deve saper riscoprire e valorizzare la sua multiculturalità, aprendosi alle nuove culture che sono arrivate. Noi potremo stare al centro del nostro futuro solo se punteremo alla nostra particolarità, solo così una piccola città come Gorizia saprà essere interessante agli occhi degli altri».
Infine, il breve intervento di Vito Dalò, che a nome dell’associazione Altre espressività ha sottolineato come il Kulturni dom sia diventata la casa anche di un’altra diversità, quella del mondo dei disabili. «Questa è casa nostra”, ha chiuso un commosso Dalò.
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