La Benetton chiude l’azienda Pola Textile con 170 lavoratori

POLA. Continua inesorabile il declino delle attività industriali a Pola che ancora non ha metabolizzato il fallimento di quello che per decenni è stato il maggiore cantiere navalmeccanico in Croazia, lo Scoglio Olivi. Ai suoi 1.200 dipendenti rimasti in strada ora se ne aggiungono i 170 della società Pola Textile, un reparto aperto nel 1993 nel quale si confezionavano indumenti per la Benetton. Sono per lo più cucitrici che ora busseranno alla porta dell'Ufficio di collocamento.
Come scrive il Glas Istre citando fonti ufficiose, la fabbrica lavorerà fino al 30 settembre dopodiché chiuderà i battenti. La proprietà composta da cittadini italiani ha comunque assicurato che ai dipendenti verranno erogate la buonuscita con tutte le spettanze previste nel contratto di lavoro. «La società non va in fallimento - dichiara Laura Bumbak della direzione - ma chiude i battenti poiché da qualche tempo si registrano passivi di gestione per cui si è deciso di spegnere la produzione finché si è in tempo a garantire un paracadute ai dipendenti». Negli anni di maggior splendore la Pola Textile dava lavoro fino a 250 persone. La società opera in un vano di oltre 5.000 metri quadrati presi in affitto nel porto franco di Pola che rientra sotto la giurisdizione dell'Autorità portuale. Il suo direttore Donald de Gravisi si è detto all'oscuro della chiusura della fabbrica. «Mi dispiace molto - dice - forse per questo la direzione ha chiesto con me un incontro per la settimana prossima. So che qualche anno fa, su loro insistenza avevamo abbassato il prezzo dell'affitto per via della crisi, che a quanto sembra non sono riusciti a superare».
Si può dire che l'Istria non sia una terra fortunata per la Benetton. Prima della chiusura di questa che si puo considerare ditta cooperante, ad Albona nel 2015 era stata chiusa una fabbrica con il suo marchio. Vi lavoravano 160 persone alle quale era stata offerta la possibilità di trasferirsi nella fabbrica della Benetton a Osijek. La crisi era dovuta al calo della vendita dei capi d’abbigliamento dell'industria trevigiana e all'aumento del costo della forza lavoro in Croazia. —
P.R.
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