La chiusura della Biennale diventa una grande festa

di Gabriella Ziani
Un gesto creativo dentro l’altro, la Biennale diffusa si dissolve domani in Porto vecchio con un’opera che va a fuoco, altre che vanno all’asta, musica, un po’ di cibo gratuito per farsi coraggio fino all’ultimo minuto e una pensata geniale dei giovani dell’istituto Nordio che in una sezione hanno esposto, assieme ai colleghi dell’istituto Sello udinese, pregevoli prove degli artisti da cuccioli. Bene, anche loro mettono all’asta, guidati dal professor Giancarlo Sgubbi, ciò che produrranno domani al terzo piano del Magazzino 26 in una “performance” con ex tempore di pittura e fotografia: simpatici e provocatori, il loro prezzo base è 1 euro. Mentre per i «grandi» si è ridefinita la mappa dei record. La più cara all’asta è in definitiva Rossana Longo col suo “murale” a sanguigna, che parte da 80 mila euro, seguita da Nane Zavagno con 60 mila.
Ma il bello, coi ragazzi, viene dopo. Coi soldi guadagnati al “26” vogliono comperare una delle case terremotate di Salemi in Sicilia, paese-gioiello di cui è sindaco Vittorio Sgarbi che lì si è inventato questa formula incentivante: 1 euro simbolico per acquistare la casa diroccata, ma obbligo di restaurarla. Su delibera dell’istituto, i giovani vogliono trasformare la casa comprata con le loro opere d’arte in un istituto d’incontro coi residenti, o in una sede di viaggi d’istruzione in Sicilia.
Tutto ciò accadrà proprio sotto gli occhi di Sgarbi, che dopo averla inventata, sgridata, accompagnata e più volte visitata domani viene anche a spegnere questa Biennale diffusa dei 150 anni d’Italia, che ha spruzzato notizie, drammi, lacrime, feste ed eventi dall’inizio alla fine, toccando fra l’altro i 40 mila visitatori.
Si comincia a mezzogiorno, quando la catasta di opere «rifiutate» dall’autore, con cui Giordano Floreancig ha partecipato alla mostra, intitolando il colorato mucchio «Patatrac», verrà portato dal terzo piano nel piazzale, dove tutti i visitatori (esentati dal biglietto d’ingresso) potranno gustare il promesso “rebechin”, altrettanto offerto. Alle 14 in marcia. Ultima visita ai saloni del Magazzino 26 allestiti, con l’accompagnamento musicale del flautista Stefano Casaccia e le arie interpretate dalla soprano Marianna Prizzon, su musiche per clavicembalo di Manuel Tomadin. E alle 16 (un’ora dopo rispetto alle iniziali previsioni) Giulia Princivalli della casa d’arte Stadion darà il via alla vendita all’incanto delle 62 opere che si sono iscritte in tal senso. Tutti dunque di nuovo al terzo piano, chi a disputarsi arte moderna (o singoli pezzi di opere, perché certi artisti ne vendono un lacerto, una sezione, perfino solo una fotografia al posto dell’originale), e chi liberissimo di curiosare.
Al tramonto, il fuoco simbolico che si porta via l’avventura. Sgarbi butterà il cerino su «Patatrac», mandando in cenere con questa pira allegramente distruttiva l’opera sacrificale di uno, per farne (forse) allegri tanti, e a questo punto altra musica, con i Berimbau.
Un evento creativo, dunque, che si butta alle spalle non solo i successi, ma le infinite fatiche e gli enormi problemi che da luglio (e anche nei mesi precedenti) hanno tormentato gli organizzatori, tra spazi enormi e finanziamenti striminziti, ma anche con sorprese continue, tra cui l’innesto dei lavori di Pordenone Montanari, il più celebre degli sconosciuti. Anche Montanari si mette all’asta: ma con un’opera a sorpresa, fin qui non esposta.
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