La collezione infinita che “invade” tre case

Accumulati nel tempo dal filosofo Rovatti ben 8mila volumi
Foto BRUNI 05.01.2018 La libreria di Deborah e Aldo Rovatti
Foto BRUNI 05.01.2018 La libreria di Deborah e Aldo Rovatti
Nel soggiorno di Deborah Borca e di Pier Aldo Rovatti c’è una scrivania tappezzata di libri, quaderni, documenti, fogli, giornali, fotocopie e testi di varia natura impilati in ordine apparentemente casuale, fino a formare cumuli alti qualche decina di centimetri. Sopra il piano da lavoro, sono affisse alla parete alcune file di scaffali altrettanto zeppi di volumi, tra i quali si aggirano Maika e Pulcio, i gatti di casa. Ma è solo la punta dell’iceberg: la collezione libresca di questa coppia di lettori per professione ammonta a ben 8mila unità, sparse in tre appartamenti.


Il nucleo originario della biblioteca arriva da Milano, dove Pier Aldo ha trascorso parte della sua vita. Racconta: «Alla fine degli anni Quaranta a casa dei miei genitori c’erano l’Enciclopedia dei ragazzi e qualche copia del “Reader’s digest”, un noto mensile generalista di allora. Non si leggeva, insomma. Quando diventammo meno poveri e mio padre trovò lavoro a Milano comprò l’Enciclopedia Treccani. Nelle foto d’epoca spesso è ritratto con l’enciclopedia alle spalle, come ancora oggi certi direttori di testata». Negli stessi anni - era il 1951- sempre a Milano il filosofo Enzo Paci fondava la rivista “aut aut” sulla quale avrebbero scritto protagonisti del pensiero contemporaneo del calibro di Michel Foucault e Jacques Derrida. E di cui lo stesso Rovatti avrebbe assunto la direzione nel 1974. Prima però ci furono il fermento degli anni Sessanta, la collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano, l’incontro con la filosofia. «Allora vivevo in una casa di via Pacini con un corridoio di 15 metri, dove volevo installare degli scaffali per i miei libri. Mi mancavano pure le 200mila lire necessarie per ripagare il lavoro di un operaio. All’epoca in giro si vedevano ancora i “compagni”: ne trovai uno disposto a montarmi le scansie, in cambio dell’opera completa di Lenin in più di 40 volumi. In seguito mi pentii della mia offerta».


Prende la parola Deborah: «A un certo punto abbiamo deciso di fondere, a Trieste, la mia biblioteca e quella milanese di Pier Aldo. Impossibile trasportare tutti i libri, così li abbiamo selezionati uno per uno: ci piangeva il cuore nel farlo. Che ne sarebbe stato dei rimanenti? Dapprima abbiamo interpellato gli amici, che sono arrivati a orde per accaparrarsi qualche volume. I testi che nessuno ha preso sono stati infine donati alla biblioteca di Brera». È iniziata così la vita triestina della biblioteca di Deborah e Pier Aldo. La collezione però, lungi dall’essere un’opera completa, è al contrario in continuo mutamento. «All’inizio era una biblioteca diffusa, tra la vecchia casa di via Belpoggio e la facoltà di Lettere e Filosofia dove lui insegnava - prosegue Deborah -. E lo è ancora oggi: una parte dei nostri libri è qui, dove viviamo. La maggioranza di essi si trova tuttavia in un appartamento al secondo piano di questo stesso palazzo, che ci siamo procurati perché non sapevamo più dove mettere i volumi. Alcuni sono infine stipati nella sede di “aut aut” di via Ciamician. Sono circa 8mila in tutto: li ho calcolati a metro lineare. L’autore più ricorrente è Michel Foucault ma in generale il pensiero francese degli anni Sessanta e Settanta la fa da padrone. Solo un decimo della collezione appartiene al genere letterario, non perché non leggiamo romanzi ma perché li abbiamo prestati quasi tutti. Avete presente quando ne leggete uno così bello che viene voglia di passarlo a un amico?».


Interviene Pier Aldo: «Abbiamo prestato in modo sconsiderato. Spesso mi capita di essere ospite da amici e trovare libri di nostra proprietà». Ma al filosofo talvolta capita di imbattersi pure nei libri che ha scritto: «Non nelle abitazioni, bensì nelle bancarelle dell’usato, magari con dedica firmata di mio pugno e indirizzata a qualche collega. Alcuni me li sono ricomprati, come testimonianza», scherza.


Un altro problema delle biblioteche private è la loro organizzazione. Parla Deborah: «Meglio classificarli per autore o per casa editrice? O ancora per “epoche storiche” a riflesso dei temi che hanno caratterizzato periodi della mia vita? Ho messo in ordine alfabetico i libri di lavoro, ma è servito a ben poco perché continuano ad arrivarne di nuovi che inevitabilmente finiscono sopra gli altri». Lui le fa eco: «Chiaramente Deborah è l’archivista di casa, io sono disordinato: per me ai libri si applica la teoria del buon vicinato di Aby Warburg: ogni titolo ha accanto quelli che secondo me sono dei “buoni vicini” per lui».


C’è infine la sezione del piccolo Jan, comprendente la letteratura per l’infanzia. Spiega il bambino: «Al momento sto leggendo il manuale di Minecraft ma non so se si può considerare un vero e proprio libro. Spesso leggo fumetti, come i Peanuts e Scottecs, e di recente ho finito Harry Potter».


2. - continua


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