LA CORDATA CHE NON C’È
Da qualche anno c’è una scuola di economisti che sostiene essere errata l’ipotesi fondamentale dei classici secondo i quali gli individui si comportano razionalmente. Sentimenti, interessi di breve periodo e abitudini spesso prevalgono sul cervello. Anche loro, per altro, avrebbero difficoltà a spiegare la scelta dei sindacati che ha portato al ritiro di Air France dalla trattativa per Alitalia.
Il governo era stato molto chiaro: la responsabilità della trattativa era, correttamente dato che si tratta di una società quotata in Borsa, affidata al Consiglio d’amministrazione. Nessun anticipo di denaro sarebbe stato fatto se non ci fosse stata una ragionevole soluzione per il futuro e, di conseguenza, l’unica alternativa seria alla compagnia franco-olandese era la nomina di un commissario. Quindi, la scelta dei sindacati è chiara: preferiscono il commissario.
Questi, è vero, può sospendere i pagamenti ai creditori, ma deve pagare salari, stipendi, combustibile e tutte le altre spese vive. Considerate le sostanziali perdite di Alitalia è da presumere che su molte linee gli incassi, anche dopo i tagli effettuati da Prato, non coprano le spese vive e, quindi, vadano sospese in tempi brevi. Ed anche in prospettiva gli esempi di due società aeree europee che sono fallite non sono molto rassicuranti. La Swissair aveva 11.000 dipendenti, la società che ha preso il suo posto, Swiss controllata da Lufthansa, ne ha 7000, circa il 35% in meno.
La Sabena ha visto dimezzare il proprio personale: da 12.000 a 6000 dipendenti. In ambedue i casi oltre al personale sono stati ridotti i velivoli e le linee servite. A questo punto le spiegazioni possibili del comportamento sindacale sono sostanzialmente due. La prima è che credano a Berlusconi e alla sua fantomatica cordata di imprenditori. A parte la considerazione che le elezioni non le ha ancor a vinte, le compensazioni che lui e i suoi alleati milanesi dovrebbero dare per indurre dei personaggi normalmente attenti al valore del denaro ad assumersi le perdite Alitalia sono talmente elevate che non sarebbe certamente facile reperirle senza provocare uno scandalo di grandi proporzioni.
Si parla sui giornali delle concessioni e dei terreni per Milano 2015, ma non si è considerato che gli investimenti previsti per tale manifestazione sono dell’ordine di 20 miliardi di euro e che Alitalia nel periodo 1999 2007 ha perso più di 3 miliardi di euro. Acquistare da un fallimento è normalmente conveniente, ma in questo caso i debiti sono modesti e gli aerei vecchi. Anche i salvatori privati dovrebbero, quindi, ristrutturare Alitalia. C’è anche la prospettiva Air One: qui la compensazione sarebbe più facile: il quasi monopolio delle linee interne italiane. Quale governo avrebbe il coraggio di utilizzare la legge che temporaneamente lo consente? E quali le reazioni degli utilizzatori di viaggi aerei?
La seconda possibile spiegazione del comportamento sindacale è che per presentare un fronte comune abbiano accolto le rivendicazioni di tutti, dai piloti agli operai delle pulizie, rinunciando a qualsiasi mediazione o compromesso. In altri termini hanno scelto la politica del tutto o niente, venendo meno alla loro funzione di guida responsabile degli interessi dei lavoratori. Ma anche qui è altamente probabile che, poiché il tutto nessuno lo può dare, finiranno per pagarne il prezzo in termini di future adesioni e ruolo.
Siamo, in altri termini, di fronte a una vera e propria fuga dalla ragione. Lo stesso non può dirsi per Berlusconi: per guadagnare qualche voto, ha scelto di far saltare, con le sue improvvide e contraddittorie dichiarazioni, l’unica prospettiva seria. Tanto, se tornerà al potere, troverà mille scuse e se non ci tornerà non sarà più affar suo.
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