La croce dei 500 Caduti del Monte Sei Busi

C'era una grande croce con al centro il volto di Cristo a segnare il punto in cui in una dolina di Monte Sei Busi fu data sepoltura ai resti di 500 Caduti durante gli scontri tra esercito italiano e austroungarico nella Grande Guerra. A confermare come, non appena il fronte di spostò e la zona passò a essere retrovia, iniziò l'attività di recupero delle salme a cura dei soldati italiani c'è una foto, con tanto di didascalia.
A scattarla Achille Izzillo, sottufficiale addetto alla batteria cannoni su automobili, e a trovarla nell'Archivio di Stato di Benevento Marco Mantini, del Gruppo ricerche storiche Grande Guerra della Società alpina delle Giulie e coordinatore delle attività del Parco tematico della Grande guerra di Monfalcone, da tempo impegnato in una ricerca sui cimiteri nell'area che Monfalcone si estende al Carso isontino. «Attraverso una ricerca su web sono approdato all'Archivio di Stato di Benevento - spiega Mantini - in cui mi sono imbattuto in un fondo sui caduti sanniti nel primo conflitto mondiale e in particolare nella collezione appartenuta ad Achille Izzillo, che ci ha lasciato una testimonianza unica ed eccezionale, perché ora abbiamo la certezza che la croce vigilava sulla fossa unica di 500 Caduti». A erigerla la Seconda batteria automobili da 102, con tutta probabilità in un turno di riposto dalla prima linea, come si legge anche sulla targa ai piedi della croce e ritrovata nel 2001 durante i lavori di sistemazione realizzati dalla Pro Loco di Fogliano Redipuglia.
«La dolina compare nelle difese italiane a fine estate del '15 con il nome di "dolina dei zappatori", cioè degli uomini del Genio che si occupavano della sistemazione delle trincee - spiega Mantini -. Dopo l'agosto del '16, quando il Monte sei busi diventa retrovia e inizia la costruzione delle linee arretrate, inizia la bonifica del campo di battaglia con una prima sistemazione dei caduti». Nel caso della Dolina dei 500, nome ufficiale del luogo a partire da ottobre del '16, si tratta dei resti di soldati italiani, ma anche austroungarici, tutti senza un nome. A dare la misura della carneficina che si consumò sul Carso alle spalle di Monfalcone c'è il numero dei caduti che trovarono sepoltura sul Monte sei busi, ma non solo. La fossa comune fu solo uno dei 3.945 luoghi di sepoltura, come spiega Mantini, che l'Ufficio sistemazione caduti di Ronchi dei Legionari dell'esercito austroungarico, competente da Selz a Monte sei busi, aveva censito ad agosto del 1918, dove avere ripreso possesso dell'area dopo la battaglia di Caporetto.
«Si può stimare che il numero delle salme accolte in questi luoghi di sepoltura sia stata almeno del doppio - prosegue Mantini -, di cui due terzi di soldati italiani e un terzo di soldati dell'esercito austroungarico». Gran parte delle sepolture erano concentrate proprio nelle doline, dove si trovava uno strato di terra sufficiente per effettuarle, e a segnalarle c'erano dei manufatti più o meno grandi, finiti poi distrutti, riutilizzati come materiale di costruzione o gettati nelle cavità una volta rimosse le salme. Il lavoro di censimento indispensabile per concentrare le sepolture in pianura, liberando le terre dove stavano rientrando gli sfollati, fu poi proseguito dagli italiani alla fine della guerra che poi effettuarono il trasferimento dei resti della Dolina dei 500 nel colle Sant'Elia.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo