La cucina di via Filzi spegne luci e fornelli

Non c'è un avviso, un cartello, un foglietto qualsiasi. Nulla di tutto ciò, ma solo il passaparola tra i ragazzi. Da domani la mensa di via Filzi, usata prevalentemente dagli studenti di Scuola interpreti, chiude i battenti. La decisione è della Dielleffe group srl, società che fa capo all'associazione Dopolavoro ferroviario, che gestisce la sala da pranzo attraverso un contratto di occupazione dei locali stipulato con le Ferrovie, proprietaria dell'immobile. È l'edificio che dà su piazza Vittorio Veneto, di fronte alle Poste, e che sul retro ospita il refettorio.
Diverse le ragioni che hanno spinto i vertici a gettare la spugna. La prima: il destino incerto del palazzo, da anni in vendita. E poi le spese, evidentemente ingenti, che renderebbero impossibile proseguire l'attività. «Paghiamo alle Ferrovie ben 26 mila euro l'anno a titolo di occupazione dei locali, a cui si aggiungono le utenze, la Tasi, il riscaldamento, l'assicurazione, le pulizie e i costi di manutenzione», spiega Claudio Vianello presidente provinciale del Dopolavoro ferroviario.
«Lì vanno a mangiare poche persone, circa duecento al giorno, e il guadagno è davvero molto ridotto. Ci dispiace ma non ce la facciamo più, dobbiamo fermarci sennò andiamo in passivo». «Anche perché i ferrovieri già dal 2012 sono stati obbligati ad andare a mangiare altrove, proprio perché il palazzo deve essere svuotato. Da noi quindi vengono soltanto gli studenti - evidenzia - ma se avessimo sessanta o settanta utenti in più il discorso cambierebbe, avremmo potuto provare ad andare avanti». «Se le Ferrovie non cambiano idea e non consentono al personale di servirsi della nostra mensa, è ovvio che chiudiamo. Avremmo bisogno di sfornare almeno 280 pasti - precisa - altrimenti non ce la facciamo».
Il responsabile della Dielleffe conferma. «Purtroppo non è una bella situazione - spiega Lorenza Di Paola, amministratore delegato - tanto più con la spada di Damocle della vendita dell'edificio». Il disagio per i ragazzi è immaginabile. «Ci siamo già rivolti all'Ardiss (l'ente regionale che tutela il diritto allo studio universitario, ndr), ma ci è stato detto che l'immobile è delle Ferrovie dello Stato, è loro la responsabilità», racconta Marta Mazzocut, una delle studentesse di Scuola interpreti che si sta facendo carico del problema. «Allora ci siamo rivolti alle Ferrovie, sia a Roma che a Trieste, ma non abbiamo risposte. Ti rimbalzano da una telefonata all'altra. Comunque se ne stanno occupando anche i rappresentanti degli studenti, ma non vediamo possibilità, se non quella di stipulare degli accordi con i ristoranti della zona. Ne abbiamo contattati una trentina, però senza ottenere segnali».
Nessuna soluzione per il momento. Ai giovani non resterebbe che recarsi nelle mensa della sede centrale, ad esempio, o nei locali già convenzionati. «Purtroppo spesso le lezioni hanno orari molto ravvicinati e hai poco tempo per andare a mangiare - sottolineano Stefania e Nieles, entrambi ventenni - come fai a raggiungere altri posti e poi essere puntuale in aula se hai soltanto mezzora o un'ora a disposizione?».
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