«La doppia manovra ferroviaria strozza lo sviluppo del porto»

Luigi Braida, per sette anni direttore di Adriafer: «Nella società non devono entrare i terminalisti ma un’impresa che possa operare sia dentro che fuori dello scalo in modo da tagliare le tariffe»
Di Silvio Maranzana

Rail traction company (Rtc) accusa: «Non possiamo fare treni regolari da Trieste perché a causa dei tempi e costi eccessivi delle manovre ferroviarie e delle struture inadeguate dello scalo, i nostri clienti Bmw e Maersk non ci stanno più». Adriafer, che quelle manovre le fa replica: «Ci stiamo prodigando e i test continuano, se Bmw e Maersk rinunceranno sarà a causa di queste dichiarazioni avventate di Rtc». Ma è un fatto che la necessità della doppia manovra ferroviaria (dentro lo scalo opera Adriafer, mentre allo snodo di Campo Marzio deve intervenire Serfer, società di Ferrovie dello Stato) è un cappio al collo del porto che proprio nell’intermodalità e nei collegamenti via rotaia fino al cuore dell’Europa dovrebbe avere il suo punto di forza. Il precedente di questi giorni rischia invece di chiudere le porte a quella rivoluzione che sembrava imminente e che doveva dirottare in Adriatico le correnti di traffico che continuano a seguire le più lunghe rotte del Nord Europa. La prossima privatizzazione di Adriafer, ribadita dalla presidente dell’Authority Marina Monassi nel corso dell’ultimo Comitato portuale, potrebbe essere l’occasione per saltare l’ostacolo. Nel dibattito entra “a gamba tesa” Luigi Braida, direttore di Adriafer dal 2004 alla fine del 2011 e oggi senior advisor di Rail cargo Italia. «L’Autorità portuale - suggerisce Braida - deve fare un bando di gara aperto alla partecipazione delle imprese ferroviarie». È una risposta a quanto affermato già nei mesi scorsi dall’attuale presidente della società Vincenzo Agostinelli il quale ha detto che sarebbe opportuno che si mettessero in corsa i terminalisti triestini e ne ha anche auspicato il successo. «Ma l’ingresso in Adriafer dei soli terminal operators - sottolinea Braida - non risolverebbe l’annosa situazione della doppia manovra, vero e proprio ostacolo a un approccio corretto alla gestione operativa del cosiddetto ultimo miglio. Adriafer sarebbe infatti ancora confinata all’interno del muro di cinta del porto non essendo in possesso delle prescritte abilitazioni e delle omologazioni tecniche richieste per i dipendenti e per i mezzi di trazione, indispensabili per operare anche nello scalo di smistamento di Campo Marzio e per coprire l’attività tra Campo Marzio e Aquilinia. Un ingresso da parte delle imprese ferroviarie - specifica Braida - aprirebbe invece la possibilità, mediante accordi operativi, di estendere il servizio di manovra a tutta la dorsale portuale sotto un’unica regia e quindi di garantire la piena utilizzazione ferroviaria anche dello Scalo Legnami, attualmente penalizzato nonostante numerose richieste da parte di operatori esteri che vorrebbero trasferire qui notevoli volumi di legnami».

Adriafer per poter uscire dalla cinta portuale dovrebbe essere un’impresa ferroviaria e non una società com’è attualmente. Così stando le cose a Trieste i tempi di manovra rispetto ai porti del Nord Europa, ma anche della stessa Capodistria, sono raddoppiati, i prezzi lievitano e i clienti, come si è visto, rinunciano. «L’unificazione della manovra - ha spiegato Ampelio Zanzottera che rappresenta i terminalisti in Comitato portuale - ci permetterebbe di abbattere i costi perlomeno del 30%». Ma i tempi per la privatizzazione di Adriafer, tuttora al 100% dell’Autorità portuale, non si prospettano brevissimi e sono stati Comune e Regione a chiedere a Monassi un approfondimento della questione soprattutto per il fatto che parallelamente viaggia la questione della vendita delle quote di Trieste terminal passeggeri. Di conseguenza il Comitato portuale il 31 ottobre ha deliberato di predisporre una gara per la ricerca di un advisor per la definizione delle procedure di vendita e di richiedere contemporaneamente alle società la presentazione del piano industriale alla prossima seduta del Comitato.

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