La fantascienza? Viva più che mai secondo il Morandini

Mentre piovono meteoriti, fulmini si abbattono su San Pietro e la realtà fa concorrenza alla fantascienza, questa è in pieno rilancio come spiega il nuovo dizionario Morandini tutto dedicato al genere
Di Paolo Lughi

di Paolo Lughi

In momenti in cui la fantascienza più classica sta diventando quasi realtà, con cadute o passaggi ravvicinati di asteroidi che ricordano “Armageddon” o “Deep Impact”, è curioso ricordare come questo genere sia da qualche tempo in forte risalita. A sorpresa lo struggente “Looper”, film che ha inaugurato addirittura il Festival di Toronto (e poi il triestino Science+Fiction), ha incassato all’esordio in Italia più del kolossal “Les Misérables”. E per il 2013 i titoli più attesi sono proprio quelli fantascientifici. Presto (dal 29 marzo) arriverà “The Host-L’ospite” di Andrew Niccol (“Gattaca”), tratto dal libro dell’autrice di “Twilight” Stephenie Meyer, su un’invasione della Terra da parte di alieni. L’11 aprile sarà la volta di “Oblivion” con Tom Cruise, veterano condannato a scontare la sua pena su un altro pianeta, dove deve eliminare la popolazione aliena. A giugno sarà sui nostri schermi un altro possibile cult, “World War Z” di Marc Forster, con Brad Pitt coinvolto in un’invasione di zombi. A luglio ecco “Pacific Rim” di Guillermo del Toro, con il mondo sotto attacco dei Kaiju, leggendari mostri del cinema giapponese. Ma lo sci-fi dell’anno potrebbe essere “Elysium” di Neil Blomkamp (dal 19 settembre), approdo al grosso budget del regista di “District 9”, ambientato nel 2159 e con star del calibro di Matt Damon e Jodie Foster.

A conferma di questo nuovo decollo della fantascienza, a torto spesso considerata ancora di serie B, ecco che uno degli storici cinedizionari italiani, “il Morandini”, esce con un’edizione tutta dedicata a questo genere, in collaborazione con il sito web MYmovies.it. E’ il “Dizionario dei film di Fantascienza e di Animazione” (Zanichelli, pagg. 744, euro 25, con dvd), che attraverso le schede di 4.400 film (anche mai usciti in Italia) intende fornire una guida critica quanto più ampia e aggiornata del fenomeno, inclusi il fantastico e il fantasy. A partire da quel primo “Viaggio nella luna” (1902) di Méliès, fino al film che di recente ha riscoperto proprio Méliès, “Hugo Cabret” di Martin Scorsese (definito qui “fra i tanti film sul cinema, uno dei più appassionati e inventivi”).

In effetti, al di là dei ciclici ritorni di fiamma precedenti (“Matrix”), sono almeno cinque anni che la fantascienza cinematografica sembra rinata, con continuità di titoli importanti, incassi e nuovi autori, paradossalmente a partire dal sorprendente epitaffio che le dedicò Ridley Scott sul “Times” nel 2007: «I film di fantascienza sono morti, come i western». Invece, da allora, sono sbarcate opere innovative, da “Sunshine” di Danny Boyle fino a “Moon” di Duncan Jones, per non parlare di “Avatar” di James Cameron. Perché se era vero che una certa fantascienza codificata, come diceva Scott, sembrava aver esaurito il suo repertorio (alludendo a “La guerra dei mondi” di Spielberg), è pure vero che tanti nuovi film, in Europa come in America o nell’Estremo Oriente, si sono poi affidati a una fantascienza anche non tecnologica, raccontando nel profondo la civiltà del nuovo millennio e rivolgendosi soprattutto ai giovani. Ed estrapolando mondi, paure ed elementi del nostro presente, come le guerre, gli attentati, la crisi energetica, l’immigrazione selvaggia e la repressione, questi film sono diventati futuribili in modo più plausibile della fantascienza tradizionale.

Oltre alla rilettura o alla riscoperta di classici più o meno dimenticati, il “Morandini” ci aiuta così a ripercorrere criticamente questa recente, felice invasione. Esemplare a riguardo è la scheda de “I figli degli uomini” di Alfonso Cuarón, «un film che prende, coinvolge, affascina», che rispecchia «un presente esasperato su temi di attualità: emigrazione, terrorismo, ambiente, deriva totalitaria». Ma è azzeccato anche il giudizio sull’attualità del remake cormaniano “Death Race” di Paul W.S. Anderson: «Dentro l’involucro con gli stereotipi del genere al posto giusto, fermentano vari temi: vendetta, ingiustizia, corruzione, egemonia totalizzante della tv».

Non meno attento è lo sguardo sulla nuova fantascienza delle cinematografie lontane ed emergenti, con la segnalazione ad esempio del pregevole “L’ospite” del coreano Bong Joon-ho. Storia di un mostro, frutto di una mutazione genetica, che è “una specie di pesce anfibio e gigantesco, che emerge dal fiume a Seul e si muove con veloce e acrobatica agilità anche in terra”, “L’ospite” viene definito «un horror soprannaturale di affascinante complessità, che alcuni critici considerano il miglior film di mostri del primo decennio 2000». Presentato a Cannes nel 2006, “L’ospite” è stato applaudito anche al festival triestino Science+Fiction, come peraltro diversi altri titoli di questa rinascita (ricordiamo “Serenity” di Joss Whedon, “Death Race”, “Immortal ad vitam” di Enki Bilal, “Moon”, “Monsters” di Gareth Edwards, quest’ultimo premiato con l’Asteroide).

Consultando il dizionario e seguendo le curiosità più ovvie ma anche più pressanti, sorge spontaneo cercare il giudizio sulle pietre miliari del genere, che ad esempio lo scrittore Valerio Evangelisti ha individuato in “2001: Odissea nello spazio” di Kubrick, “Guerre stellari” di Lucas o “Blade Runner” di Scott. “2001” per il Morandini “continua a essere il film di SF più inquietante, adulto, stimolante e controverso che sia mai stato fatto, senza contare il suo fascino plastico-figurativo e sonoro-musicale”. Su “Blade Runner” si osserva che “dopo ‘Metropolis’ di Lang nessun film aveva proposto un’immagine così suggestiva e terribile del futuro”. Per “Guerre stellari” e altri film che hanno generato una serie, sono presenti più ampie e meditate schede monografiche sui rispettivi fenomeni, come per altre icone del fantastico di tutte le epoche e latitudini, da Goldrake a Hulk fino a Spider-Man.

Ma al di là dell’attenzione prevedibile riservata ai cult più popolari, troviamo altrettanta cura critica e storica per capolavori meno scontati. È il caso de “La Jetée” (1963) del francese Chris Marker, singolare cineasta della Nouvelle vague scomparso l’anno scorso. Cortometraggio in bianco e nero a foto fisse sul tema del viaggio nel tempo, “La Jetée” viene definito in modo icastico «allucinato, vertiginoso, originale». E non può che far piacere che venga ricordato che si tratta del film «vincitore del primo Festival di fantascienza di Trieste nel 1963».

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