La Koll e la sua conversione: «Sono stata salvata da Dio»

CORMONS «Sono stata salvata da Dio». Claudia Koll ha riassunto così la propria condizione di “figliol prodiga tornata alla casa del padre”, come si è autodefinita, nell’incontro che ha richiamato una...
Bumbaca Gorizia 14.10.2011 Cormons Claudia Koll - Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 14.10.2011 Cormons Claudia Koll - Fotografia di Pierluigi Bumbaca

CORMONS

«Sono stata salvata da Dio». Claudia Koll ha riassunto così la propria condizione di “figliol prodiga tornata alla casa del padre”, come si è autodefinita, nell’incontro che ha richiamato una numerosa folla al palasport per l’evento organizzato dalla Piccola Accademia. Dopo i saluti dei padroni di casa, il parroco monsignor Paolo Nutarelli e il sindaco Luciano Patat, Malnati ha introdotto la figura della Koll, definendola «una testimonianza che Dio ci cambia la vita: è del tutto vero che il Signore si trova quindi in una posizione centrale nella nostra esistenza. Dobbiamo uscire da questo palazzetto chiedendoci se oggi ci siamo aperti uno spiraglio verso Dio».

La Koll, diventata famosa al grande pubblico per i suoi film hard girati con Tinto Brass, ha raccontato poi la sua originale esperienza: «Io mi sento davvero salvata da Dio – ha detto – sono una creatura completamente fatta nuova da quando mi sono riavvicinata a Lui. Dio si è piegato verso di me in un momento di mia personale grande sofferenza, nel quale peccavo molto».

La Koll ha spiegato come la sua famiglia fosse di fede cattolica praticante. «Come tanti adolescenti però – ha evidenziato – dopo la cresima mi allontanai dalla Chiesa e dalla preghiera, provocando con le mie scelte molta sofferenza anche nelle persone che mi avevano cresciuta». L’attrice ha sottolineato inoltre un evento che ha segnato molto la sua infanzia e la sua famiglia: «Quando nacqui, a causa di una trasfusione infetta nell’immediato post-parto, mia madre fu tra la vita e la morte per sei mesi, uscendone sana e salva ma distrutta nel fisico. Quest’esperienza mi ha sempre segnato molto, portandomi a chiedermi perché la mia nascita abbia dovuto portare così tanto dolore nella mia famiglia».

Matteo Femia

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