La “Laura Bassi” si cura nel Canale navigabile, intervento da 1,8 milioni e cento addetti in azione

TRIESTE. Sia lodata “Laura Bassi”: mentre la contestuale crisi della Wärtsilä, della Flex, della Principe rischia di ridurre sul pavé una bella porzione di industria triestina, l’unica rompighiaccio, che batte bandiera italiana, si cura le ferite antartiche preferendo le terapie praticate nelle placide acque del Canale navigabile, avendo resistito a sirene liburniche e messinesi. Ripartirà per l’altro capo del mondo il 15 novembre e tornerà in patria nella prima decade del marzo 2023: si tratterà della quarta missione, tre antartiche e una artica. Doppio dossier: uno dedicato all’acqua e uno di carattere geofisico incentrato sulle condizioni climatiche del passato.
Una novità legata al progetto internazionale “Epica behind”: “Laura Bassi” porterà dall’Antartide, all’interno di due apposite strutture frigorifere, “carote” di ghiaccio che vantano una biografia lunga un milione di anni. Saranno poi distribuite in alcuni centri di ricerca europei.

Franco Coren, direttore generale dell’Ogs (Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale) proprietario della nave, fornisce numeri degni di attenzione: “Laura Bassi”, con i suoi 80 metri di lunghezza e con le sue 5000 tonnellate di stazza lorda, avrà bisogno di un intervento da 1,8 milioni da qui a ottobre, mentre una cifra analoga verrà investita il prossimo anno per ulteriori lavori.
A bordo, a rotazione, opererà un centinaio di addetti schierati dalle aziende chiamate a raccolta: Quaiat, Cartubi, Elettrotecnica Fragiacomo, Offocine Frandoli, Petrolavori, SeaMetal, Ops, Lampas, Itaqua. E va ricordato che un refitting “d’eccezione” venne coordinato già nella primavera 2021 da Fincantieri nel bacino dell’Arsenale. Nel quadro del progetto nazionale “Antartide”, con i suoi 38 anni di vita, concorrono a finanziare le missioni ghiacciate della signora Laura il ministero dell’Università e della ricerca, il Cnr, l’Enea.

Coren spiega che “Laura Bassi”, oggetto di un costante aggiornamento tecnologico e scientifico, è sicuramente tra le prime venti unità al mondo nel suo ambito. Equipaggiata con motori Rolls Royce, dotata di un sistema computerizzato che consente una notevole stabilità “sul punto” dove si trova a operare, l’ulteriore passo in avanti sarà l’installazione di un robot, costruito in Spagna, incaricato di calare in mare la strumentazione oceanografica.
Sembra quasi ovvio, riferendosi a una visita, utilizzare il lessema “viaggio”: nel caso di “Laura Bassi” non lo è, perchè salire/scendere all’interno di questa particolare nave è effettivamente un “viaggio” tra quotidianità e ricerca scientifica. L’equipaggio è composto da 22 addetti, ma può starci una ulteriore cinquantina di personale scientifico. Ci sono la mensa, alcuni luoghi di relax, persino una biblioteca. Due le stive a disposizione. A poppa l’area riservata all’elitrasporto. La nave venne realizzata nel 1995 dal cantiere norvegese Kvaerner Kleven, fu poi utilizzata dalla Rieber e dalla British antarctic survey, è stata acquistata dall’Ogs nel 2019.
Ed eccoci approdare nel “sancta sanctorum” della nave: il laboratorio, dove una serie di monitor è collegata con la strumentazione collocata nello scafo. «Siamo al top di gamma», la commenta Coren. E ne illustra alcuni protagonisti. Due multibeam per monitorare le acque marine fino a una profondità di 7.000 metri. Sei eco-scandagli scientifici da pesca. Il “sub-bottom profiler” per controllare i materiali e raccogliere la campionature delle “carote”. Due sistemi di profilazione con i quali si studiano le correnti marine.
Notevole, infine, anche la capacità di carico: a Ravenna, prima di far rotta verso Suez, “Laura Bassi” ospiterà 15 container di materiali, cui se ne aggiungeranno altri 8 in Nuova Zelanda, alla vigilia dell’ultimo balzo in direzione antartica.
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