La lenta ripresa dei ristoranti a Gorizia

Nel primo fine settimana della Fase 3 i clienti sono tornati nei locali alla ricerca della normalità perduta durante il lockdown
Bumbaca Gorizia 08.06.2020 Trattoria Vecia Gorizia e Manuela Russian © Foto Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 08.06.2020 Trattoria Vecia Gorizia e Manuela Russian © Foto Pierluigi Bumbaca

GORIZIA «Dopo molto tempo, quello passato è stato il primo fine settimana di piacere e di sollievo per i ristoratori della nostra associazione che, da parte della clientela, hanno ricevuto una vera e propria testimonianza d’affetto. In questi giorni, infatti, quella voglia di vivere con un po’ di leggerezza è sembrata tornare, dopo che a lungo era mancata».

L’associazione è “Gorizia a tavola”, che riunisce dodici ristoratori. A parlare è la sua presidente, Michela Fabbro, anche titolare del “Rosenbar” che non nasconde le difficoltà del momento né le preoccupazioni per il futuro, ma, al tempo stesso, propone qualche riflessione per tentare di alleviarle. «È evidente: il nostro settore ha subito un duro colpo e non possiamo fare alcuna previsione - è la sua analisi -. Non sappiamo ancora come e quando arriveranno da Governo e Regione gli aiuti economici promessi. Per fortuna, Confcommercio Gorizia ci è stata molto vicina, ma credo che non tutti possano confermare i dipendenti, anche se parliamo in certi casi di rapporti consolidati. Comunque, è ancora tutto da decidere, ma riuscire a superare circa tre mesi di chiusura non sarà certamente facile – continua la signora Fabbro –. A tal proposito, la solidarietà, la volontà dei goriziani di frequentare i ristoranti cittadini è fondamentale per la ripresa e noi dobbiamo continuare a puntare sulle peculiarità della nostra cultura e della nostra posizione geografica, che si riflettono in ambito enogastronomico. Poi, dobbiamo pensare a politiche, a strategie per far sì che il confine diventi un’opportunità sempre maggiore per la nostra crescita».

La presidente di “Gorizia a tavola” torna, però, a esprimersi su un dato di fatto: i costi di gestione che in Slovenia sono minori rispetto all’Italia, oltre alla macchinosità burocratica e alla fiscalità, da noi molto più pesanti. «La ripresa di questo periodo è dovuta anche alla mancanza di un esodo oltreconfine. La convivenza deve darci delle occasioni, ma la concorrenza è davvero impari. Dopo la perdita della Zona Franca e l’entrata della Slovenia nell’Unione Europea, Gorizia - il suo ragionamento - ha risentito di difficoltà economiche importanti. Ora, avvertiamo molto la mancanza del turismo da Austria e Germania, più che della clientela slovena che, tuttavia, c’era eccome».

Insomma, è assolutamente prematuro fare salti di gioia. «Dovendo rispettare le misure restrittive, le tavolate sono un po’ dispersive, con la conseguenza che chi ha spazi ridotti viene penalizzato, a differenza di chi, per esempio, può contare su un ampio giardino – conclude Fabbro –. La clientela, comunque, ha dimostrato grande adattabilità e rispetto delle norme. Anche per noi, del resto, lavorare con mascherina e guanti ci affatica, ma è un prezzo che si deve pagare: non si tratta di capricci».

Quella dell’epidemia da coronavirus, infatti, non è certo un’invenzione, anche se qualcuno così si ostina a ritenerla, e non va dimenticato che la regione Friuli Venezia Giulia e il capoluogo isontino in particolare costituiscono isole felici rispetto a realtà colpite molto più severamente. —

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