La mamma si laurea per capire meglio il figlio

La gradese Claudia Vlacci ha concluso la triennale in psicologia da studentessa-lavoratrice. «Ora in sintonia con i ragazzi»

GRADO. «Bisogna tirare fuori dal cassetto i propri sogni». A parlare è la gradese Claudia Vlacci, che a 51 anni, da studentessa-lavoratrice, ha dopo poco conseguito la laurea triennale in Scienze tecniche e psicologiche all’Università di Trieste. Non le è certo mancato il coraggio, si è messa i discussione e ha cominciato a studiare malgrado il lavoro e una casa da accudire. E pensare che tutto è nato da una sfida con suo figlio Simone. Una sfida raccolta e vinta alla grande.

Dietro i banchi universitari a 46 anni: perché?

Mi sono iscritta nel 2014, perché mio figlio più grande, Simone, che era alle superiori, mi diceva sempre che ero troppo vecchia per capire come funzionasse la scuola. All’ennesimo scontro ho lanciato la sfida: se torno a studiare, poi, potrò parlare? Così ho tentato l’esame d’entrata per accedere a Psicologia. È stato in realtà sempre il mio sogno studiare questa disciplina, quindi avevo anche la motivazione dalla mia parte.

Ha avuto difficoltà?

All’inizio sì, però poi è stata un’avventura bellissima. Ho sconosciuto tante persone stupende, anche quando ho fatto il tirocinio al Centro di aiuto alla vita a Trieste. E poi con Simone ci siamo trovati a fare gli esami assieme, la sfida è diventata complicità: in attesa di essere esaminati, ci scrivevamo su Whatsapp per confortarci.

Ora continua con la magistrale?

Sì, sono in attesa della pubblicazione della graduatoria e poi vado avanti. Non mi fermo qui.

Come faceva a studiare e lavorare?

Non frequentavo le lezioni ma le ascoltavo su una piattaforma dell’università. Poi capitava che ero io stessa a passare gli appunti, se ottenevo bei voti, ai miei compagni.

Che rapporto c’era con loro?

All’inizio chiaramente mi davano del lei. Nonostante l’età, però siamo tutti studenti e così chiedevo di non darmi del lei. L’imbarazzo è stato superato tranquillamente. Ho conosciuto ragazze e ragazzi stupendi, che poi spesso mi parlavano dei loro problemi, mi chiedevano consigli. Mi sono trovata a mio agio in questo ambiente e penso anche loro con me. Un bel rapporto.

Quali sono state le materie più ostiche?

Psicometria, perché c’erano dei riferimenti talvolta a cose che il professore in classe scriveva alla lavagna e che io da casa non potevo vedere. Sicuramente la più ostica.

Che cos’altro ha imparato da questa bella esperienza?

Che non bisogna mai mettersi dei limiti e al contrario tirare fuori dal cassetto i sogni e provarci, senza esiktazioni. Ho lanciato un sasso nell’acqua che ha creato tanti cerchi: amiche che alla loro età non avrebbero mai imparato l’inglese, lo hanno imparato. Altre che volevano fare viaggi, li hanno fatti. Si sono buttate, come me.

Questi studi l’hanno aiutata nella sua professione?

Sì, in particolare ora: dopo 25 anni come impiegata, ho interrotto questo lavoro e ora faccio la cameriera. La psicologia serve con i clienti e mi ha facilitato anche il rapporto con i miei figli. —




 

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