La miracolosa proliferazione dei gruppi

I duri e puri? Trasversali. Detto dei 20 che non si sono mossi a livello personale, sono quattro invece i gruppi monolitici che, esattamente così come avevano cominciato, ora terminano la consiliatura. Il Consiglio comunale presieduto dal rifondatore comunista Iztok Furlanic, per inciso, ha finito le sue sedute ordinarie e sarà riconvocato in via straordinaria alcune volte prima del voto solo per i provvedimenti che la legge considera urgenti e inderogabili, primo fra tutti il bilancio, che viene dato in chiusura verso metà maggio.
Le quattro forze politiche superfedeli alla linea (in un novero totale che era di 11 gruppi a inizio consiliatura nel 2011 e che ora risulta gonfiato a 15, frutto di tre soggetti liquidati e altri sette nati in corso d’opera) sono due coppie e due monogruppi. Nella prima categoria compaiono M5S e Un’altra Trieste, al lavoro dal 2011 sempre con gli stessi binomi formati da Paolo Menis e Stefano Patuanelli da una parte e da Franco Bandelli e Alessia Rosolen dall’altra. I due monogruppi monolitici stanno nella maggioranza uscente: sono Trieste Cambia di Roberto Decarli e i Cittadini di Patrick Karlsen, ora guarda caso uniti in una nuova civica pro-Cosolini. Qualcosa lì si muove, insomma, mentre la materia delle alleanze non tocca i 5 stelle del candidato-bis Menis (lo era anche nel 2011), al contrario delle grandi manovre che stanno riguardando Un’altra Trieste, dove la candidatura a sindaco è passata da Bandelli (2011) alla compagna Rosolen (2016), e attorno alla quale ora s’è stretto un ulteriore duetto, rappresentato dagli ex Pdl Paolo Rovis e Roberto Antonione, oggi coppia in aula nel nuovissimo gruppo di Trieste Popolare e che sono due dei dieci consiglieri in carica alla prima seduta che hanno cambiato casacca in corsa.
Detto sopra dei vari De Gioia (dalla Lega alla Civica Indipendente), Bassi, Grilli e Giacomelli (ora nel Gruppo misto), e senza dimenticare la trasformazione del monogruppo di Michele Lobianco da Fli a Lobianco Impegno Civico, non resta che citare i tre protagonisti del cambiamento più clamoroso: nel luglio 2013 Everest Bertoli, Piero Camber e Maurizio Bucci mollarono il Pdl e rifondarono in aula Forza Italia.
Bucci, a fine 2014, lasciò (come si può leggere anche sopra) a Giorgi, il quale anziché rimanere in Fi fece poi la scelta di tenere in vita il Pdl con Manuela Declich. Un cambio di casacca doppio e al tempo stesso nullo, visto che Giorgi nel 2011 aveva corso con il Pdl e non con Fi. (pi.ra.)
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