La “Monte Cimone” di Banne era stata una caserma austriaca
Come rappresentanti dell’associazione culturale “Grad” e lo “Jus - la Comune di Banne” ci siamo riuniti in assemblea per discutere della lettera di Giovanni Gasparini “Storia - La caserma Monte Cimone”. Nella lettera, l’autore concordava con la mozione presentata dal consigliere Pdl Piero Camber al consiglio comunale di Trieste, di intitolare agli Artiglieri, ai Genieri e agli Autieri le strade della frazione di Banne intorno alla dismessa caserma “Monte Cimone”. Dato che la storia, come sosteneva il poeta e letterato inglese John Milton, citato nell’articolo dal signor Gasparini, non avrebbe mai abbandonato gli uomini, ci permettiamo di ricordare che la storia della proprietà “Mandria - G’spud’vo” di proprietà Ustia dove si trova l’attuale caserma dismessa, risale già al 1735, quando venne costruita la chiesetta privata dedicata a San Floriano. Nel 1806 la proprietà passa dalla famiglia Ustia alla famiglia di Andrea Bidischini. Nella seconda metà dell’800 la nipote Gabriella sposa Joseph Burgstaller, figlio di un commerciante di Villaco che diventa proprietario della tenuta.
Ancora oggi gli anziani ricordano la benevolenza e disponibilità della famiglia Burgastaller. Nel corso della Prima Guerra mondiale, dopo la morte dei possidenti, l’area diventa posto di sosta per le truppe militari e il governo austroungarico ne rivendicava la proprietà. Nel 1916 sulla “Mandria” vengono distaccate le truppe boeme che ben presto cedono il terreno alle autorità italiane. Nel 1921 l’esercito italiano occupa le “baracche” e dal 1924 al 1933 edifica nuove strutture, trasformando l’intero possedimento in caserma. E da qui in poi che la storia della “Monte Cimone” è nota quasi a tutti. Non si sa purtroppo che la sontuosa villa dei nobili è stata demolita per costruirvi il cinema militare, e alcuni pezzi sono stati utilizzati per costruire il monumento situato all’esterno della caserma. Per arrivare infine ai giorni nostri, dove, dopo la sua dismissione sono state fatte tutta una serie di ipotesi sul suo recupero. Ne citiamo alcune: centro di accoglienza per immigrati, canile, campus universitario e addirittura un penitenziario. La realtà invece è che adesso in tutta la struttura regna l’incuria e l’abbandono, rifugio di sbandati e clandestini. Quindi, come partecipanti all’assemblea abbiamo espresso contrarietà alla mozione presentata dal consigliere Camber. Siamo giunti alla conclusione che sarebbe più giusto chiedere prima il parere agli abitanti di Banne, visto che nella nostra località ogni pezzo di terra ha il suo nome d’origine. I toponimi sono tutti documentati, perciò basterebbe rispolverarli. Molto più urgente sarebbe invece, pulire, mettere in sicurezza o demolire le strutture pericolanti dell’intera area. In questo modo verrebbe restituita la dignità storica e il bosco che si trova al suo interno potrebbe essere fruito da tutti i cittadini.
Jus - Comunella
La Comune di Banne
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