La morte lenta della Siap, già 20 in mobilità

Era stata “venduta” come una grande possibilità data ai dipendenti della Siap. Il gruppo Carraro era disponibile a riassorbire il personale goriziano ormai in eccedenza negli stabilimenti di Campodarsego (Padova) e Maniago. Chiaramente su base volontaria. Com’è andata? «Soltanto sei persone hanno optato per questa possibilità che implica, comprensibilmente, un cambiamento radicale di vita. Dei 76 dipendenti originari, venti hanno già scelto la strada della mobilità - spiega Livio Menon della Cgil - mentre i restanti cinquanta stanno lavorando nello stabilimento goriziano, seppure a scartamento ridotto».
La strada, però, è ampiamente segnata perché il 31 dicembre la fabbrica di Straccis chiuderà definitivamente i battenti. «Il gruppo Vescovini che aveva manifestato l’intenzione di rilevare lo stabilimento non si mai fatto avanti ufficialmente - fa sapere ancora Menon -. Francamente, non so se le trattative vengono portare avanti in maniera silenziosa, sotterranea ma, a quanto mi consta, nulla si sta muovendo. La data di chiusura è fissata da tempo: il 31 dicembre, Gorizia avrà un’industria in meno ed è una mazzata in una città che certo non brilla per il suo tessuto produttivo».
Oggi, dicevamo, la Siap lavora «ma a singhiozzo», puntualizza il sindacalista. Che aggiunge senza troppi giri di parole: «Quello che maggiormente stupisce è la cappa di silenzio che è calata su questo sito produttivo. Senza nessun clamore stiamo andando verso la chiusura di un'altra industria a Gorizia, una delle poche rimaste», mastica amaro il sindacalista della Cgil.
Qualcosa da dire ce l'ha anche il segretario provinciale della Cgil, Paolo Liva. «Se ci sono sviluppi? In questa fase, di certo c'è che la Siap cessa l'attività il 31 dicembre e non esistono alternative. Il primo ostacolo a Vescovini è stata la Siap stessa che temeva nella possibile concorrenza che poteva subire in un contesto di mercato difficile, visto che il progetto era comunque in prospettiva di crescere - rimarca Liva -. Abbiamo, però, una certezza: anche il caso ex Carraro ha confermato che le aziende in momenti di crisi privilegiano gli insediamenti dove hanno "la testa". Ma evidenzia anche che la nostra politica non sempre ha lo stesso peso specifico che c'è in altre regioni...»
«Purtroppo, ad oggi, l'unica certezza è che la Carraro vuole smettere di produrre a Gorizia - fa eco Giacinto Menis, segretario provinciale e regionale della Uil -. L'interessamento di Vescovini lo abbiamo salutato con favore ma, a distanza di mesi dalle dichiarazioni d'interesse, non sappiamo se sia Vescovini ad essersi "raffreddato" o la Carraro a rendersi indisponibile alla cessione del sito. Sarà il caso che le parti facciano chiarezza, per capire quali concrete speranze ci siano di mantenere in vita uno degli ultimi presìdi manifatturieri del goriziano».
Sullo sfondo, le motivazione della Carraro, datate ormai maggio scorso. «I nuovi scenari di mercato sono strutturali e non consentono di garantire una sostenibilità economica del sito neppure in prospettiva», erano state le dichiarazioni chiarissime e senza repliche dei vertici aziendali che sono ancora facilmente individuabili sul sito web del gruppo Carraro.
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