La musica è finita, chiuso il Tender

TRIESTE Ha trasformato, col karaoke, centinaia di triestini in piccoli giapponesi canterini. Ha dato spazio a gruppi e giovani talenti musicali per potersi esibire sul suo palco. Servito a ripetizione migliaia di birre e centinaia di chili di carne e patate. Trasformato un oscuro angolo di una stazione di cui nessuno rivendica la titolarità, salvo al momento di smantellarla, in una birreria piacevole e piena di vita. Da sabato sera, però, la musica è finita, come tutto il resto. Ha chiuso il pub Tender di via Giulio Cesare 1, di fronte al mercato ortofrutticolo. Attivo da vent’anni, al momento della sua apertura, nel 1997, era sembrato quasi una risposta più ruspante al vicino Bennigan’s che era al top storico del gradimento in città.
La voce roca del titolare Tino Giannella, il bell’arredamento che mediava una sala d’aspetto della stazione con il fascino di un tipico locale inglese, ne avevano fatto subito uno spot popolare. Del resto Tino, lo chiamano tutti così, non era di certo un personaggio nuovo sulla piazza. Per vent’anni («Guarda la coincidenza - scherzava sabato - i miei locali chiudono sempre dopo questo lasso di tempo...») era stato l’anima, assieme a un socio, della Tavernetta San Quirino di via Diaz. Altri tempi. La movida non esisteva, così come non era neanche nelle fantasie più sfrenate dei ristoratori una Trieste dove ormai ci sono quasi più locali che uffici. Il massimo della trasgressione era il cotto caldo alla piastra con la salsa rosa, mentre le prime birre a doppio malto cominciavano timidamente ad affacciarsi dalle spine.
Ma non c’è tempo per i rimpianti, anche se dovremo aggiungerne uno di più. Perché la decisione è irreversibile. E obbligata. «Le Ferrovie - racconta Giannella - mi avevano inviato lo sfratto nove anni fa e da lì è iniziato l’iter. Ho lottato per tutto questo tempo contro di loro, anche perché nella loro scelta c’erano delle palesi irregolarità. Per tutti i nove anni, infatti, mi hanno imposto un affitto d’azienda, mentre per legge ne sono previsti al massimo tre... Ovviamente - continua Tino - ho fatto causa e pensavo che dopo nove anni di questa ingiustizia si potesse manifestare qualche spiraglio. Potevo restare dentro ancora un altro anno ma francamente non ne potevo più di questa tortura...».
Il resto sono ricordi, le nottate «fino alle 3 a far divertire la gente», i personaggi che si alternavano nel locale, il piacere di servirli. «È passata tutta Trieste di qua - si consola Tino - ma adesso è proprio finita. L’ultima serata è sempre una sconfitta, soprattutto se consideriamo che fino all’ultimo abbiamo avuto il pienone. Certo ha inciso il proibizionismo, i controlli antialcol che piazzavano le pattuglie proprio davanti al mio locale, tutto... Niente, chiudiamo con la disco e l’ultimo karaoke. Ci lasciamo così...».
Ma Tino Giannella non andrà in ferie. Semplicemente si sposterà, si è già spostato. La sua nuova creatura, da qualche tempo, si chiama “Taverna del Ghetto”, in via del Ponte, cuore di Cittavecchia. Chi cerca i piatti classici li può trovare, chi ama quella voce così tipica si sentirà a casa. Ma a poco più di un chilometro di distanza è finita un’era.
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