La politica e quella presenza di Leonardo da Vinci in Fvg che non c’è

Non so giocare a scacchi, né tantomeno sono esperto di Leonardo (non credo ce ne siano nella nostra regione). Ma ho insegnato per quasi trent’anni Storia del Rinascimento all’università e un commento ai finanziamenti del progetto regionale su Leonardo me lo posso permettere. L’assessore Gibelli è riuscita nel suo intento; Leonardo da Vinci è entrato stabilmente a far parte della storia e della cultura del Friuli Venezia Giulia: non come genio universale, s’intende, ma come figura che con la sua presenza, anche fisica, ha avuto un ruolo decisivo sulle vicende della nostra terra. Settantuno progetti legati al suo nome sono un dato di fatto, destinato a restare negli annali leonardeschi. Mi sfugge però la consistenza di tali progetti; non li conosco se non per l’intitolazione: ma quel poco che ne sono venuto a sapere non mi persuade. La gentile sindaco di Gradisca, in prima battuta non premiata, lamentava che non sia stata presa in considerazione l’«accertata presenza in città» di Leonardo. Finora in realtà si sapeva soltanto che l’artista aveva citato la località in un suo manoscritto. La fondazione Coronini Cronberg ha invece visto riconosciuto subito il suo progetto “La scacchiera di Leonardo”. Alla fine del 2006, quando nei cinema circolava “Il codice da Vinci” tratto dal romanzo di Dan Brown, è stata diffusa sulla stampa ma soprattutto su internet, la notizia che la Fondazione possedesse una raccolta di partite a scacchi illustrata personalmente da Leonardo. Poco tempo dopo però è uscito, a cura dell’Aboca Museum di Borgo San Sepolcro, il lussuosissimo facsimile del manoscritto goriziano, corredato con i saggi di esperti, che attribuivano l’opera a Luca Pacioli, il celebre poligrafo rinascimentale nato appunto a San Sepolcro. Nel volume solo Serenella Ferrari Benedetti, della Fondazione Coronini, accenna a Leonardo, con espressioni di estrema cautela: «Sui disegni degli scacchi aleggia il piacevole, quanto non confermato, sospetto che possano essere del grande Leonardo». Gli esperti che avevano studiato a fondo il codice, certamente di mano di Luca Pacioli, avevano espresso pareri molto diversi. Si trattava di “un taccuino a uso personale”; un “modesto, provvisorio brogliaccio”; “una specie di scartafaccio”. Potenza della politica: dopo dodici anni l’assessore ha fatto riconoscere nel rospo il principe azzurro; il lussuoso facsimile dell’Aboca Museum è in circolazione a soli 1850 euro la copia. Trionfa la cultura dell’evento. O forse soltanto quella dell’effimero.
Silvano Cavazza
Gorizia
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