La prova di greco con Garibaldi sotto il banco e le serate di tifo per l’Italia mondiale del 1982

TRIESTE Dai grandi intellettuali al top manager, dal mondo della scienza a quello dello sport, passando per due presidenti di Regione. Alcuni fra i nomi più noti del Friuli Venezia Giulia raccontano i propri esami di maturità. Claudio Magris si diploma nel 1957 al liceo classico Dante Alighieri di Trieste. Ricorda: «Presidente di commissione era Giovanni Getto, docente di letteratura italiana all’università di Torino: determinò la mia vita, perché poi lo seguii. Alla matura ci mise in guardia dal ricorso all’arma vile della lettera anonima. Io e Giovanni Gabrielli, che mai ci avremmo pensato prima, ne scrivemmo una dozzina. Inventammo che il professore di matematica era un agente che trafficava sigarette con la Jugoslavia e, trovandosi in grande pericolo, si improvvisava commissario d’esame». «Alla prova di greco portammo i ritratti di Garibaldi e di Mazzini, da tenere sotto banco e sbirciare ogni tanto – prosegue –. Un commissario pensava stessi copiando. Quando vide il ritratto, io dissi “so che è vietato ma ne traggo conforto”. Ho imparato una lezione di libertà al liceo: ridere di ciò di cui ho profondo rispetto. Ho studiato molto e mi sono divertito un sacco».
Nel 1952, al Dante di Gorizia, Quirino Principe non è ancora il grande intellettuale ma frequenta il penultimo anno di liceo, a soli 15 anni: la sua è «una vita scolastica anomala». Viene sospeso a causa di un brutto tiro, giocatogli da alcune compagne che lo mettono in cattiva luce con un professore «mascalzone, che se ne andava in giro con il gagliardetto del fascismo e che l’anno dopo avrebbe fatto di tutto per farmi bocciare - continua -. Allora giocai d’anticipo. Mi ritirai e chiesi di sostenere la matura un anno prima. Era maggio: mi chiusi in casa e studiai in un mese il programma di un anno. Fu angosciante. Al momento degli esami, però, i commissari esterni capirono e andò tutto liscio. C’era il professor Giangiacomo Menon, che aveva fama di essere terribile. Mi chiese Michelstaedter: sua sorella era amica di gioventù di mia nonna. Alla fine sono riuscito a fare esattamente quello che volevo: vivere di poesia, di filosofia e di musica».
Mauro Giacca, medico e scienziato del King’s College di Londra nonché direttore uscente dell’Icgeb, ricorda «con piacere soprattutto i mesi precedenti la matura, tra i più stimolanti della mia vita. Ho approfondito l’ambito umanistico, mi sono innamorato dei classici francesi. In quel periodo, poi, io e mia moglie ci siamo messi assieme: ci siamo conosciuti sui banchi di scuola. Le studiate fatte assieme in biblioteca civica...». Giacca si diploma nel 1978, anch’egli al Dante di Trieste. Gli esami sono talmente duri che, subito dopo, considera l’idea di iscriversi a Lettere e diventare giornalista. Poi “rinsavisce” e sceglie Medicina. «Seguite le vostre passioni – è il suo messaggio a chi affronta la maturità oggi –. Trovate un lavoro che assomigli a un hobby: è garanzia di felicità per i successivi 40 anni di vita».
Il top manager Giovanni Liverani, nato a Udine, cresciuto a Verona e quindi approdato a Trieste, è l’attuale ceo di Generali Deutschland nonché l’unico italiano nella classifica dei 100 top manager sulle aziende tedesche stilata di recente dal business magazine “Deutschland Manager”. «Era il 1982 – racconta – anno dell’Italia campione del mondo. Il mio orale era il 29 luglio. Una stagione caldissima. Andavo bene a scuola, ero tranquillo, tuttavia man mano che l’Italia andava avanti la mia concentrazione calava: di giorno studiavo e di sera andavo a vedere le partite di calcio con gli amici. Il che mi ha insegnato a stabilire le priorità – conclude –. Se mi fossi concentrato solo sullo studio mi sarei perso un pezzo di storia del calcio e di esperienza, che alla fine mi è stata più utile di greco e latino. L’esame non è una valutazione finale ma il debutto nella vita adulta. Non serve essere ossessionati dal risultato».
La campionessa olimpionica di scherma Margherita Granbassi è stata «una discreta studentessa ma non una secchiona – scherza –. Gli esami mi mettevano un'ansia positiva e quando si avvicinavano non mi staccavo dai libri per ore. E scrivevo, scrivevo, perché per ricordare devo scrivere. Allo scritto d’italiano scelsi la traccia di attualità. Dell'orale invece mi è rimasta impressa l'interrogazione di francese: ero in "trance agonistica" e sfoggiavo vocaboli che non immaginavo nemmeno di sapere». «I miei compagni prendevano gocce calmanti – prosegue –. Alcune ragazze avevano conati per la tensione. A me invece, giovane atleta che sognava le Olimpiadi, lo sport aveva già insegnato la capacità di gestire le emozioni. Non significa non provarne: sono emotiva al massimo. In bocca al lupo, ragazzi, e spegnete lo smartphone mentre studiate».
Il presidente della Regione Massimiliano Fedriga si diploma nel 1999 al liceo scientifico Galilei di Trieste. All’epoca è «già leghista», rappresentante prima di classe e poi d’istituto. Ricorda l’esame orale: «Quello in cui sono andato meglio, ho sempre avuto la parlantina». E la discoteca a Lignano dopo la cena di matura. Ma soprattutto «la notte prima degli esami - continua -. Ascoltavo proprio quella canzone nella mia stanza. La sera avevo preso un gelato con un compagno di classe e poi a casa presto. Ma non riuscivo a dormire, ero terrorizzato. Sembrava l’esame della vita, invece significa poco o nulla: chi a scuola è in difficoltà può rivelarsi bravissimo dopo e viceversa». Ai giovani dice: «Il mio errore è stato quello di studiare sempre all’ultimo, ma ancora più importante è avere fiducia in se stessi. L’agitazione può rovinare il lavoro di anni. I voti sono ciò che conta di meno: importa ciò che si apprende davvero».
La deputata Debora Serracchiani, già governatrice del Friuli Venezia Giulia, ricorda «le lunghe discussioni con i compagni di classe, la difficoltà di scegliere le tracce, un gran sollievo alla fine ma nessuna angoscia: arrivai serena all’esame. Amavo la letteratura. Ci era inoltre stato chiesto di portare una tesina di diritto: la mia passione nacque da lì. Inizialmente non volevo fare l’università, per cui mi ero iscritta a un istituto tecnico commerciale. Sono stata la prima laureata della mia famiglia, non avevo una strada segnata». Si avvicina alla politica quando è «già avvocato a Udine, eccezion fatta per l’anno in cui fui rappresentante di classe. Ma ero impegnata su mille fronti: lezioni di spagnolo, tennis e così via – conclude -. La maturità è un momento importante, sia che si vada a lavorare sia che si continui a studiare. Va affrontata con determinazione, serenità e tranquillità. Il ricordo dello stress svanisce e rimane il resto». —
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