«La psichiatria a Trieste gestita da quattro capetti in una stanza»

Assunta Signorelli, ha lasciato il Dipartimento optando per la pensione dopo la mancata riconferma: «La comunicazione serve solo per costruire un potere personale, non c’è spazio per le donne»
Di Gabriella Ziani
Lasorte Trieste 20/02/14 - Caffè S.Marco, Assunta Signorelli
Lasorte Trieste 20/02/14 - Caffè S.Marco, Assunta Signorelli

«a pensiero unico», «quattro capetti in una stanza decidono tutto da soli, è finita ogni discussione sulla sofferenza e la comunicazione serve solo per costruire un potere personale, e usando questo potere mi hanno fatta fuori con violenza e con arroganza». Scarpe, calze e ombretto viola, capelli al naturale stretti in una lunga coda, Assunta Signorelli da qualche giorno ha lasciato non solo il vertice del Dipartimento di salute mentale che ha retto per un anno come “facente funzioni” ma il lavoro di psichiatra, ha preferito andare in pensione dopo una mancata riconferma. È stato nominato in via definitiva il collega Roberto Mezzina.

L’ex direttore Peppe Dell’Acqua l’ha bollata come “collaborazionista” e non s’è mai vista una guerra interna al Dsm come questa. Perché?

Collaborazionista a me, che son l’unica rimasta senza paracadute, a me che ho avuto il padre in un campo di concentramento perché rifiutò di aderire a Salò. Io nel lavoro non ho amici o nemici, lavoro con chi c’è, devo mediare col capo che ho, fin che ottengo il risultato. Ma in verità tutto è cominciato quando c’è stata la denuncia...

Chi denunciò chi?

Io denunciai Dell’Acqua e il direttore generale dell’Ass1 Franco Rotelli perché nel 2009 al rientro da una “aspettativa obbligatoria” in Calabria, frutto di accordo tra Aziende sanitarie, non mi fu ridato il mio posto come prevede la legge. Era una direzione, ma non era più il Centro di salute mentale di via Gambini. “Ma mi avete almeno avvisato?” dissi. “Avevi detto che volevi andare in pensione” fu la risposta. Il messaggio vero era: “Fatti da parte”. Era già in gioco la successione a Dell’Acqua, e io avevo tutti i titoli.

Ma ci sarà qualcosa che vi divide nell’intendere la psichiatria, la vostra comune esperienza con Basaglia.

Basaglia intanto non ha mai costruito una scuola, chiunque può dire “sono basagliano”. Però Basaglia ci ha insegnato che è la contraddizione il motore delle cose, che la de-istituzionalizzazione è sempre in divenire, non è un pranzo di gala, implica grande sofferenza, “assumere” il conflitto, entrare nell’altro da te, creare il presupposto affinché la malattia mentale trovi spazi per esprimersi senza subire conseguenze, e senza che uno parli “a nome di”. Evitare sia l’abbandono e sia l’oppressione... Le ideologie, diceva Basaglia con Sartre, “sono libertà mentre si fanno, oppressione quando sono fatte”. Inoltre la psichiatria triestina è diventata tutta e solo maschile. Il Centro donna è stato soppresso. La testa delle donne, “quel poco che ne hanno”, deve essere al maschile. Mi terrorizza il pensiero unico.

Lei è arrabbiata per via della direzione soprattutto...

Ma già quando feci quella denuncia mi ero sentita trattata come una non-persona. “E ’l modo ancor m’offende” come scrisse Dante. Ho fatto cose sbagliate? Che cosa ho fatto di male? Mi hanno detto “sei stupida, piccola e nera”? No, niente. Per me quello della pensione è stato un giorno di grande dolore, per fortuna mi è nata una nipotina...

Forse si cercavano per il vertice persone più giovani?

Proprio su questo le regole in un anno sono cambiate a uso e consumo. Quando sono arrivata, bisognava coinvolgere gli psichiatri giovani, per farmi uscire hanno detto che bisogna dare il posto a chi ha più esperienza, perché a fine carriera ha delle aspettative eccetera. Hanno parlato nel chiuso delle loro stanze. Mi si accusasse, almeno. Si aprisse un dibattito. Inoltre senza avvertire si è organizzato per oggi e domani al Dsm un convegno di giovani psichiatri. Senza dirmi nulla neanche per aprire le porte: era già noto che sarei andata via... Ma soprattutto: a quale titolo chi è in pensione, e quindi è un privato cittadino, organizza incontri in sedi pubbliche?

Lei sa che la critica alla psichiatria triestina è molto targata centrodestra?

Oggi io so che di destra e di sinistra non si può proprio più parlare, c’è un intero mondo di politici talmente staccato dalla realtà... Io che cosa so del presidente francese Hollande? Che cos’ha fatto per immigrati, per studenti? No, so soltanto con chi è andato a letto.

Dunque c’è una colpa dell’informazione, anche?

Ma no, ci siamo dati tutti una mano appassionatamente per questo risultato. È il degrado degli intellettuali, della vita politica, delle relazioni personali, è una violenza totalmente gratuita che avanza.

In Calabria è stato più duro dirigere la psichiatria, o no?

Bisognava chiudere un cronicario con 350 pazienti e non sapevano dove metterli se non nelle loro piccole cliniche private. Sono riuscita a salvarne alcuni. Ero completamente sola, avevo alleato solo il vescovo di Cosenza, un prete anti-’ndrangheta: “So che lei non è cattolica - mi diceva - ma è una delle poche persone cristiane che conosco”. Quando mandarono via gli assistiti io e lui piangevamo come due bambini.

In che stato di salute ha visto il Dsm triestino?

È senza dubbio alcuno il migliore in Italia. Andrebbe ri-motivato, coinvolgendo gli infermieri, i quarantenni che un domani dovranno parlare loro. Ma se l’etica del servizio si riduce a “il mio potere contro il tuo”...

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