La “rottamatrice” Debora Serracchiani sfida Tondo e vince

di Marco Ballico
Le elezioni che finiscono in “pareggio”, il bis di Giorgio Napolitano, le larghe intese per Enrico Letta, il ritorno di Forza Italia e l’avvio dell’era Renzi. Il 2013 segna una nuova fase politica in Italia, effetto di un voto che non consente a nessun polo di formare il governo in solitaria e della necessità di un fronte comune contro la perdurante crisi economica. Ma è l’anno, il 2013, anche dell’addio di un grande vecchio, Giulio Andreotti: l’ex dc muore il 6 maggio a 94 anni.
E, con il voto di Palazzo Madama per la decadenza, pure della fine dell’era berlusconiana in Parlamento. Gennaio e febbraio sono i mesi di un’intensa campagna elettorale. In campo i due poli tradizionali, guidati dai candidati premier Pierluigi Bersani e Silvio Berlusconi, sfidati dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e dalla neonata Con Monti per l’Italia, coalizione centrista che comprende Scelta Civica, Udc e Fli. Le urne aperte il 25 febbraio non risolvono tuttavia la sfida. Con il sistema del Porcellum tre dei quattro schieramenti principali toccano percentuali molto ravvicinate. Alla Camera prevale il centrosinistra di Bersani con il 29,6%, seguito dal centrodestra di Berlusconi (29,2%) e dal M5S (25,6%). Al Senato risultati simili: guida la coalizione per Bersani con il 31,6%, quindi centrodestra (30,7%) e grillini (23,8%). In un quadro così poco definito, al segretario del Pd, che non può contare sulla maggioranza al Senato, non riesce l’operazione governo. Il 27 marzo è il giorno del naufragio della trattativa con il movimento di Grillo: Bersani incontra via streaming i capogruppo pentastellati Lombardo e Crimi senza trovare l’intesa. Meno di un mese dopo, il 20 aprile, Napolitano centra uno storico bis e diventa il primo presidente rieletto nella storia della Repubblica. Dopo il fallimento delle due diverse opzioni del Pd (prima Franco Marini, poi Romano Prodi), l’ottantasettenne Capo dello Stato uscente ottiene la maggioranza con 738 voti, ben 195 in più dei 543 dell’elezione del 2006. Ed è dunque Napolitano a guidare la formazione del sessantaduesimo governo della Repubblica, in carica dal 28 aprile. È un esecutivo di larghe intese affidato al vicesegretario del Pd Letta.
A sostenerlo un’inedita alleanza tra centrosinistra e centrodestra che regge per tutto l’anno nonostante ripetute fibrillazioni legate alle vicende giudiziarie del Cavaliere. A giochi fatti il premier in carica potrà commentare: «Nonostante molti non ci credessero, abbiamo mangiato il panettone e, se continuiamo a lavorare bene, contiamo di mangiarlo anche il prossimo anno». La vicenda di Berlusconi ha tappe giudiziarie e politiche. Il primo agosto la Corte di Cassazione conferma la condanna della Corte d’Appello di Milano riguardo al processo Mediaset (il leader del Pdl era accusato di appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio) a quattro anni di detenzione, di cui tre beneficiati dall’indulto. Il 19 ottobre la Corte d’Appello ridetermina in due anni l’interdizione dell’ex premier. Provvedimenti che hanno effetti anche sulla carriera ventennale in Parlamento del Cav: il 27 novembre il Senato vota infatti a favore dalla decadenza dalla carica di Senatore. Messo all’angolo, Berlusconi accelera il processo di sfaldamento del Pdl e il ritorno a Forza Italia. Al termine di settimane tesissime di confronto con Angelino Alfano e la pattuglia dei “governativi”, il 16 novembre, nel Palazzo dei Congressi di Roma, Berlusconi incenerisce il partito del predellino, tiene a battesimo la rinnovata veste del movimento azzurro e lo pone immediatamente all’opposizione del governo, mentre gli alfaniani fondano il Nuovo Centrodestra e continuano a far parte della compagine che sostiene Letta. Dicembre, mentre si costruisce la legge di Stabilità, segna gli ultimi due passaggi chiave. Il 4 dicembre la Consulta boccia il Porcellum, il sistema elettorale delle ultime tre elezioni politiche, per l'incostituzionalità del premio di maggioranza e delle liste bloccate. L’8 dicembre è invece il giorno delle primarie del Pd e del trionfo di Renzi.
Anno di elezioni anche in Friuli Venezia Giulia. Le urne del 21 e 22 aprile premiano Debora Serracchiani (che a fine anno entrerà anche nella “squadra” di Renzi) e la coalizione di centrosinistra, davanti a Renzo Tondo, il governatore uscente, e a Saverio Galluccio del M5S. Nascono un Consiglio a 49 seggi e una giunta con 8 assessori, una riduzione di poltrone accompagnata anche dal dimagrimento delle indennità: il 9 agosto l’aula approva la riduzione dello stipendio base da 10.291 a 6.300 euro, abroga il vitalizio e contiene i trasferimenti ai gruppi. Il 26 novembre, infine, Trieste ospita il vertice bilaterale Italia-Russia. Alle presenza del premier Letta e del presidente russo Vladimir Putin, i due Paesi firmano 28 accordi commerciali. .
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