La storia di Yoana, dalla Bulgaria a via Mazzini con una “valigia” piena di creatività

Il suo “Little Beetle” (“Piccolo Grillo”) è un inno a fantasia e libertà
Francesco Codagnone
Yoana Toteva
Yoana Toteva

TRIESTE Un tempo, al suo posto, c’era un ristorante di specialità greche. Siamo in via Mazzini, appena dietro la chiesa ortodossa: è uno degli ultimi palazzi di quella strada. Lì, dove si possono già scorgere le Rive e il mare, dove il vento si incanala quando batte la bora. Non potrebbe essere luogo più triestino di così. Il suo nome fa sorridere: “Little Beetle”, “Piccolo Grillo”.

È un laboratorio di pittura su ceramica, in cui chiunque può dipingere le proprie idee e creare la sua piccola opera d’arte. Ma è anche un luogo dove frequentare corsi di pittura o, ancora, dove organizzare feste di compleanno per bambini.

È un progetto giovane, giovanissimo, nato due anni fa dall’idea di Yoana Toteva, imprenditrice che ha lasciato la Bulgaria e una brillante carriera nel mondo dei videogiochi per scommettere su Trieste e sulla sua creatività, alla ricerca della libertà e della bellezza.

Yoana nasce a Sofia, in Bulgaria, nel 1990. Fin da bambina è molto creativa: sempre distratta a scuola, sempre tra le nuvole, tutta presa a riempire i quaderni di disegni inventati sul momento, assecondando chissà quale fantasia.

Crescendo, Yoana risponde a questa sua urgenza: dalla Bulgaria all’Inghilterra per studiare “Illustrazione e grafica 3D”, e poi di nuovo a Sofia per dedicarsi alla scultura digitale. Una tecnica artistica di nuova concezione che consente di modellare nelle tre dimensioni utilizzando speciali software, un po’ come se si avesse in mano della creta o della plastilina, ma in un ambiente totalmente virtuale.

In altre parole, Yoana si mette a disegnare e realizzare i personaggi dei videogiochi. Harry Potter e Tartarughe Ninja, soprattutto per smartphone e app di gioco. Il sogno di ogni bambino creativo, insomma, forse il lavoro più divertente del mondo.

O quasi: perché a lungo andare, tra richieste dei clienti, scadenze e tabelle di marcia serrate, può capitare che la passione venga meno, così come l’ispirazione. Poi arriva la pandemia, e con essa lo smart working.

Yoana si ritrova sola, davanti al computer, con un lavoro che non l’emoziona più come un tempo: anche un’attività in principio creativa, senza libertà e senza contatto con il pubblico, può diventare noiosa e ripetitiva.

È in quel lungo periodo in cui tutti ci siamo sentiti soli e disorientati che nasce l’idea di “Little Beetle”. Uno spazio dove incontrare e conoscere persone, o semplicemente ritagliarsi un momento per sé, e in cui chiunque possa sentirsi libero di esprimersi, tirare fuori ciò che ha dentro e farne dell’arte. Yoana pensa a un laboratorio di pittura su ceramica, perché «per farlo non serve essere artisti, ognuno può creare qualcosa di bello».

E il mondo, in quel momento, aveva bisogno proprio di cose belle. “Little Beetle” diventa così, nei progetti della giovane creativa, l’occasione per mettersi finalmente in proprio, per riscoprire la sua arte, ritrovare se stessa e gli altri: «Volevo tornare ad abbracciare le persone, dopo tutto quel tempo, e sentirmi di nuovo libera». Perché quest’idea attecchisse, c’era bisogno di una città nuova, che fosse accogliente e gentile, e soprattutto bella per ispirare nuova bellezza.

La scelta di Trieste non è casuale: sua mamma c’era stata una volta, anni prima, in vacanza o forse per sbaglio, «sicuramente c’era passata per qualche motivo». Da sempre gliel’aveva descritta tra la meraviglia e la curiosità: «Una città strana ma bella, con il mare ma anche con la montagna, grande ma piccola. Piena di bei palazzi, piena di bellezza». Yoana arriva così a Trieste nell’estate del 2020, con quei primi aerei tornati a volare in cielo. “Little Beetle” apre appena qualche mese dopo, in ottobre, tra imprevisti e ritardi dovuti alla pandemia. Lì, nel laboratorio di via Mazzini, chiunque può scegliere il proprio oggetto in ceramica, come una tazza, un piatto, un portacandele o un vaso, e dipingerlo secondo il proprio estro creativo, da soli o con l’aiuto di Yoana.

A quel punto l’oggetto viene messo in forno a più di mille gradi, e dopo pochi giorni è possibile ritirarlo. Il risultato è un qualcosa di unico, «creato da te, per te». Le tecniche sono diverse: mescolando il colore con acqua e sapone, ad esempio, è possibile realizzare un divertente effetto a bollicine, oppure usando lo scotch si possono ottenere esiti bizzarri. E, ancora, si possono usare tempere e pennelli, tinture miste e impreziosite da impurità colorate. Ciò che non deve mancare è la fantasia. Come o cosa si scelga di dipingere, poco importa: purché ci si senta sempre liberi di sperimentare senza preoccupazioni, di dar forma e colore alle proprie emozioni.

Ci si sente talmente tanto a casa, in quel piccolo “Beetle”, accolti da Yoana e dalla sua cagnolona Bora, labrador nera «dolce e irruente come il vento», che sembra quasi di entrare a far parte della sua grande famiglia allargata, in parte triestina, in parte bulgara. Se c’è una cosa che “Little Beetle” insegna è che è sempre possibile realizzare qualcosa di bello, anche quando si pensa di non averne le possibilità. A volte si sbaglia: la pittura può sbavare sulla tazza, quello che pensiamo sia un viola o un fucsia poi, a fine cottura in forno, diventerà rosso magenta. Non sempre le cose sono come ce le aspettiamo, «però alla fine è una tazza, è un piccolo vaso, non è la fine del mondo»: ne prendi un altro, cambi pennello, e ricominci. A Trieste, Yoana ha imparato proprio questo: non è mai troppo tardi per darsi una seconda possibilità. E per concedersi alla bellezza

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