La Storia? Fa sorridere riscritta dalla Cittadella con Kollmann e Josè

Al Museo della Civiltà istriana, fiumana e dalmata di via Torino è aperta la mostra dedicata alla “Cittadella”, per ricordare, riflettere e sorridere, in cui il “morbin” triestino è protagonista, attraverso il segno efficacissimo e mordente della coppia di artisti Josè Talarico & Renzo Kollmann e grazie alla parola e allo spirito libero e arguto dei giornalisti e scrittori Lino Carpinteri e Mariano Faraguna

Una mostra per ricordare, riflettere e sorridere, in cui il “morbin” triestino è protagonista, attraverso il segno efficacissimo e mordente, di gusto espressionista, della coppia di artisti Josè Talarico & Renzo Kollmann e grazie alla parola e allo spirito libero e arguto dei giornalisti e scrittori Lino Carpinteri e Mariano Faraguna. La percorre un velo d’irridente malinconia per la storia e le occasioni perdute, la Patria un po’ sconnessa e matrigna, il mondo che spesso non va per il verso giusto e rischia di prendere fuoco come una miccia, i problemi che 50 anni fa sembravano imprescindibili e oggi non sono ancora risolti: così, in più di 300 tavole originali, si dipana con tenerezza e con talento, la rassegna più recente ideata e curata con grande passione e perizia da Piero Delbello al Civico Museo della Civiltà Istriana, Fiumana, Dalmata e intitolata “Satira disegnata in una città di frontiera. Kollmann & Josè per Carpinteri & Faraguna”.

Protagonista è “La Cittadella”, lo storico settimanale satirico di Carpinteri & Faraguna illustrato appunto dalle vignette di Josè e Kollmann, che venne pubblicato settimanalmente dal marzo ’47 al marzo 2001, quando cessò il suo abbinamento all’edizione del lunedì del “Piccolo”. In mostra, oltre alle vignette, anche la prima pagina di giornali-burla come “Il lavoratore” e “Il popolo di Titalia”, che i nostri autori inventavano negli anni quaranta e inserivano - a mo’ di satira nella satira - all’interno de “La Cittadella”, come per esempio l’improbabile “Primomaggiorski Dnevnik”, pubblicato nel denso ma essenziale catalogo, che raccoglie scritti di Lino Carpinteri, Fiammetta Zuliani Faraguna, Fulvia Costantinides, Pia Frausin, Decio Gioseffi e Marina Petronio.

Nella rassegna compare anche il mitico “Caleidoscopio” del ‘45, quindicinale studentesco (fin che la va) che precedette “La Cittadella” con lo stesso spirito. Non a caso si precisa in copertina che “caleidoscopio” significa «apparato ottico per vedervi, riflesse, differenti immagini»: a buon intenditor, poche parole! E la stessa “Cittadella”, porterà sempre in ultima pagina, come segno di continuità, la dicitura “Caleidoscopio”.

La rassegna, allestita con misura e buon gusto, dall’artista fiumano Athos Pericin e realizzata e gestita con la fondamentale partecipazione del Gruppo Volontari Irci, che ne consente anche l’apertura quotidiana, si suddivide in due sezioni. Nella prima, impaginato su fondo bianco, il filo conduttore è il forte segno grafico degli sketch della coppia Josè - Kollmann per le edizioni de “La Cittadella”, perfettamente in sintonia con le intramontabili battute di Carpinteri&Faraguna. Tant’è che la pubblicazione ottenne riconoscimenti all’insegna del San Giusto d’oro e del Premio Hemingway. Il percorso è documentato dalla prima edizione con in copertina il generale britannico De Winton, che ritrova nell’Aldilà i suoi soldati uccisi dalle follie della guerra, lui da quelle della Pace, con chiara allusione della sua eliminazione a Pola per mano di Maria Pasquinelli; all. ’ultima edizione del marzo 2001, che, dopo 2435 uscite, viene sobriamente annunciata, mentre la vignetta principale riprende quella ideata nell’’81 per la morte del Vescovo Santin. Rappresenta una barca che lascia Trieste forse per una dimensione migliore quale il Cielo, ma può significare anche il simbolo di qualcosa d’importante, che come tante altre cose di rilievo, abbandona la nostra città…

In mezzo a questi due duri episodi, tale sezione rievoca con puntuale sapidità e, spesso apparente, spensieratezza i fatti di cronaca locale, ma anche i grandi eventi internazionali: dagli aiuti ERP del ’48 a Miss Europa in gramaglie, pronta a ricoverarsi in un rifugio antiaereo con annesso pronto soccorso del ’50, dal monumento alla “pupa” del ’69 (ve le ricordate le bambole che decenni fa facevano furore oltreconfine?), su cui sta fantasiosamente scritto “stimolatrice dei traffici dell’emporio, Trieste riconoscente pose”, al “Piano per il Friuli” (1976) simbolizzato da una famiglia che attende fantozzianamente alla stazione di Udine “il famoso rapido da Roma che viaggia con 5 mesi di ritardo”.

I preziosi e ormai storici disegni provengono dal fondo di 5311 tavole a china o, le più recenti, a pennarello, acquisito dall’Irci più di 10 anni fa direttamente da Josè e Renzo Kollmann e che oggi rappresenta il miglior fondo satirico cittadino. Da collezioni private giungono invece gli essenziali disegni del triestino Ugo Guarino, che nei primi anni cinquanta collaborò a “La Cittadella”, ma solo su temi che condivideva. La sua vignetta più interessante è forse quella raffigurante la statua della Libertà con la fiaccola spenta e Charlot, fautore di un cinema libero, che si allontana, disgustato dal maccartismo.

Altri eventi internazionali raccontano gli ultimi 50 anni della nostra vita: dallo sbarco sulla luna, festeggiato con un ipotetico licòf, alla conferenza di Mosca e alla “Primavera di Praga” del ’69, dalle mire espansionistiche di Tito (Jerusalem je nas) e dell’Urss alla svalutazione della moneta e al caro-benzina, dal terrorismo altoatesino al Vietnam, dalla legge Fortuna-Baslini sul divorzio all’alluvione del ’66 e al al Sifar. E infine nel ’99 la vignetta dedicata al museo degli esuli, dove verranno esposte «tutte le promesse che ne ga fato tuti i Governi dal ’47 ai giorni nostri,,,».

La seconda sezione di questa mostra, affascinante perché leggibile su più piani, da quello storico-politico e sociologico a quello artistico, è intelligentemente dedicata alla vicenda artistica della coppia Josè Talarico, pittrice di origine calabrese prestata alla pittura, discepola e poi moglie di Kollmann, e a quest’ultimo, con cui condivise anche lavori grafici e d’arredamento. Del “maestro” propone una ricca sequenza di biglietti d’auguri, manifesti e illustrazioni, che raccontano la storia di Trieste e della Regione: alle pareti le deliziose tempere e tecniche miste di lei, in cui un lieve simbolismo onirico ripropone in modo personale la dolcezza del mondo di Giulietta degli Spiriti.

Nelle bacheche, per sorridere e meditare ancora, l’epopea di Druse Mirko (“Mi jè Mirko provisorio”, seduto sulla barra di confine), i libri di Carpinteri&Faraguna, i cataloghi per le mostre su Josè&Kollmann e La Cittadella: testimoniano la cura attenta e competente che ha meritato già alla mostra una notevole segnalazione sulle pagine domenicali del “Sole 24 Ore” e 2000 visitatori.

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