La super prova delle chiavi apre il processo d’appello sull’omicidio di via Puccini

Otto ore di udienza fra accusa e parte civile: il 29 aprile toccherà alla difesa di Tiziano Castellani, condannato dalla prima Corte d’Assise a 26 anni



Le intercettazioni, l’interrogatorio, le prove. Ieri in Corte d’Assise è andata in scena la prima udienza del processo di appello a carico del quarantaseienne Tiziano Castellani, l’ex rappresentante di aspirapolveri finito in cella per l’omicidio dell’ottantaseienne Nerina Zennaro Molinaro.

L’anziana era stata trovata morta nella sua casa di via Puccini la mattina del 22 gennaio 2016. Era stata la badante a scoprire il cadavere. L’assassino l’aveva uccisa colpendola violentemente alla schiena con un battitappeti. I sospetti si erano concentrati fin da subito su Castellani, il rappresentante che la signora Nerina aveva conosciuto in passato per l’acquisto di alcuni elettrodomestici. L’uomo aveva poi continuato a frequentare l’abitazione della donna.

Castellani è stato condannato in primo grado a 22 anni per omicidio volontario, a cui si è sommata un’altra pena di quattro anni per aver tentato di far esplodere con il gas l’appartamento dove viveva la vittima. Un modo per cancellare le tracce e che avrebbe potuto causare una strage.

L’udienza in Corte d’Assise d’Appello, presieduta dal giudice Igor Maria Rifiorati, ieri è durata quasi otto ore. La Procura generale, rappresentata dal magistrato Carlo Sciavicco, ha passato in rassegna le prove acquisite nel fascicolo del processo di primo grado, che avevano inchiodato Castellani, difeso dall’avvocato Maurizio Paniz. Quelle scientifiche, in particolare, non avevano consentito di accertare con assoluta esattezza l’ora della morte di Nerina Zennaro Molinaro. Ma ciò che pesa di più – e che ha comportato la condanna – è la concatenazione logica dei fatti evidenziati dalle risultanze processuali: il movente (la necessità spasmodica di Castellani di soldi da spendere nelle slot machine), il possesso delle chiavi della vittima rinvenute in casa dell’imputato, analogamente ad altri beni della defunta, il passaggio dell’auto di proprietà dell’uomo, ripreso dalle telecamere della sede del Commissariato di Polizia di via Mascagni situata nelle vicinanze di via Puccini, le celle telefoniche dello smartphone di Castellani agganciate nel percorso, e, ancora, l’interrogatorio reso davanti al pm Cristina Bacer, in cui il sospettato aveva reso un alibi sostanzialmente non dimostrato.

La parte civile, la figlia della vittima, difesa dall’avvocato Paolo Codiglia, ieri nel corso dell’udienza ha chiesto l’acquisizione del possibile corpo del delitto: il battitappeto con cui si ritiene sia stata uccisa la vittima. «Ritengo che le lesioni sul rachide cervicale siano effettivamente compatibili con le dimensioni e la struttura dell’oggetto contundente», ha spiegato poi Codiglia: «Ho chiesto anche l’acquisizione dei rilievi sui tempi di percorrenza dal luogo del delitto al luogo in cui si trovava Castellani quel giorno». L’avvocato di parte civile ha puntato anche sul profilo personale dell’imputato emerso dai suoi trascorsi giudiziari (truffe e furti nei confronti di anziani), sulle problematiche personali (profilo psicologico e condotta di vita), sul contenuto delle intercettazioni dei dialoghi con i parenti. E, ancora, sull’interrogatorio con il pm. La prossima udienza è fissata per il 29 aprile. La palla passerà all’avvocato Paniz per la difesa.—



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