La “svolta” di Gabrovizza: Trattoria sociale autogestita dagli iscritti alla cooperativa

Da qualche settimana la Trattoria sociale di Gabrovizza ha inaugurato una nuova era della propria lunga storia. Quando l’ultimo gestore ha concluso il proprio mandato, visto che sostituti non ce n’erano, i soci della cooperativa sociale, pur di non chiudere i battenti, hanno deciso di avventurarsi nell’autogestione: con tanta passione, e un pizzico di sana audacia, per mantenere vivo un luogo simbolo della propria comunità, cuore del paese e di un progetto ormai ultracentenario (la cooperativa ha celebrato nel 2019 ben 117 anni). Nella grande struttura, oltre a servire piatti caldi, commercializzare il vino prodotto dai propri soci e alcune bontà del territorio, si svolgono infatti anche molte iniziative sociali, da mostre a corsi di erboristeria. Hanno luogo le attività della storica Associazione culturale Drago Bojan, si festeggiano matrimoni e si condividono alcuni momenti di celebrazione collettiva.
«Qui non abbiamo distribuzione degli utili», racconta il vicepresidente e memoria storica della cooperativa Boris Strekelj: «I nostri 53 soci contribuiscono a seconda delle proprie abilità, chi curando la parte amministrativa, chi potando gli alberi, chi curando il sito, per poi reinvestire i guadagni nella trattoria, nel territorio e nelle attività sociali».
Ci sono altre istituzioni storiche simili anche a San Dorligo, Contovello, Prosecco e Opicina, tutte nate circa all’inizio del secolo scorso. In nessuna di queste i soci hanno accettato però l’impegnativa sfida di gestire direttamente la parte ristorativa. Per vincerla, a Gabrovizza si stanno facendo supportare nella supervisione da Ervino Mezgec, l’ex “botegher” che per anni ha “spacciato” a San Giusto i migliori prodotti tipici del territorio, dai vini ai salumi. «Sono contento di contribuire a questo progetto ma allo stesso tempo sento una grande responsabilità, spero di non deluderli», dice con modestia questo conoscitore delle materie prime locali, sempre partecipe con entusiasmo anche a tutte le iniziative di “Sapori del Carso”. Ervin e i soci hanno messo su un team di lavoro reclutando risorse soprattutto dal territorio ma anche qualche volonterosa leva che viene da Georgia, Ucraina e Serbia.
A pranzo sono aperti tutti i giorni, le sere solo dal venerdì alla domenica, salvo eventi. E il calendario già inizia a infittirsi, spaziando dalle serate di tango ai tradizionali tornei settimanali di briscola, per i quali arrivano partecipanti anche da oltreconfine.
L’atmosfera è calda, i vini da mescita economici ma diqualità, il pane è quello del contadino che arriva da una vicina panetteria che li rifornisce anche di “fritole con l’anima”, il menù è ammiccante anche nei prezzi. La cucina propone alcuni sostanziosi classici della cucina locale: dai fusi istriani ai ravioli fatti in casa con vari ripieni, dalla jota agli gnocchi di pane, dai kipfel alle patate in tecia, dal misto caldaia ai cevapcici sino al tradizionale gulash, passando per dei dolci davvero ottimi. Vero re del menù è però il tagliere di formaggi del territorio: date carta bianca all’oste e la varietà e la qualità delle tipologie e delle stagionature potrebbero stupirvi. E merita anche la gamma di prodotti in vendita: da ricercati mieli a vini e oli locali.—
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