«La Vittorio Veneto può arrivare a Trieste con finanziamenti Ue»

Esiste già un progetto per farne un museo galleggiante ma è la Regione che dovrebbe chiedere i soldi a Bruxelles

A fine mese, entro novembre. Il progetto di portare a Trieste l’incrociatore lanciamissili “Vittorio Veneto” per farne il primo museo storico della Marina militare italiana, verrà presentato alle autorità entro questa data. Scopo dichiarato quello di coinvolgere la Giunta regionale. Un “affidavit” targato Debora Serracchiani e Gianni Torrenti, rispettivamente governatrice del Friuli Venezia Giulia e assessore alla cultura è infatti indispensabile perché il progetto “Vittorio Veneto” possa attingere ai fondi europei. Il nostro è un progetto culturale che ha per nome “Trieste –Storia” e vuole riunire in un unico percorso, la Risiera, la Foiba di Basovizza, il Museo della pace ideato dal professor Diego de Enriquez e il primo museo storico della Marina militare italiana ospitato a bordo del Vittorio Veneto”, spiega il giornalista Fausto Biloslavo che da tempo segue in città il progetto e ne ha già parlato in via riservata con imprenditori, opinion leader e dirigenti di associazioni d’Arma. Il progetto del museo storico galleggiante dovrebbe inserirsi tra le iniziative collegate direttamente alle manifestazioni commemorative della Prima guerra mondiale. In sintesi un percorso della memoria del Novecento da offrire ai turisti e alle scolaresche.

Ma non basta. L’associazione tra ex ufficiali imbarcati sull’incrociatore, in disarmo da sette anni nel mare di Taranto, a Trieste ha costituito una propria sezione nello stabile di via Mazzini 30. Lo dice una targhetta fra le tante che indicano chi occupa questo o quell’appartamento. Ma lo dice soprattutto una foto a colori formato A4 che mostra nell’atrio dello stabile l’incrociatore mentre entra nel porto militare di Taranto all’altezza del ponte girevole. L’appartamento sede dell’associazione è posto al primo piano e lì saltuariamente è presente la signora Rosa Cavallo, moglie di un ammiraglio. Partendo da questa “testa di ponte” e dalle referenze consolidate che Fausto Biloslavo vanta non solo in città, l’iniziativa tenta lo sbarco, il coinvolgimento dei pubblici poteri per poter accedere ai fondi europei. Senza questi soldi non si fa nulla come non si è fatto nulla a Taranto.

Il progetto è ambizioso e tende a riportare culturalmente l’Italia tra le altre nazioni marinare in buona parte dotate di un museo storico della loro Marina. Noi ne siamo privi nonostante le tradizioni e le due guerre mondiali combattute la prima in Adriatico, la seconda nel Mediterraneo. «Al nostro erario il progetto di fare del “Vittorio Veneto” un museo galleggiante non costa nulla» spiega Claudio Franconi, che si occupa degli aspetti economici di fattibilità. «Lo scafo è già stato in parte liberato dalla presenza dell’amianto durante i lavori di mezza vita della nave. Nel progetto esecutivo i costi preventivati dalla Fincantieri raggiungono quota 15 milioni di euro. A nostro giudizio vanno però ridimensionati in cinque o sei milioni, proprio perché la bonifica dall’amianto è già stata parzialmente realizzata» spiega l’ex ufficiale oggi stretto collaboratore dell’ammiraglio Edoardo Faggioni, presidente dell’Associazione incrociatore “Vittorio Veneto”. «Se i soldi stanziati dall’Europa non dovessero consentire di realizzare subito tutto il progetto, potremmo progredire per lotti».

Claudio Ernè

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