L’abbraccio di Trieste alla “pasionaria” Ilda amica di Miela e Raissa

TRIESTE Coraggiosa, tenace, appassionata e delicata al tempo stesso. E ancora sincera, sicura di sé e femminista convinta. Era così Ilda Fontanot Bertini che, all’invidiabile età di 101 anni da poco compiuti, ha salutato per sempre la sua città, raggiungendo l’amatissimo marito, Romolo Bertini, morto più di vent’anni fa. Mercoledì notte Ilda ha chiuso gli occhi nella sua abitazione di viale Campi Elisi. A novembre era caduta in casa, procurandosi la rottura del femore, ma superando l’incidente. Tanto che dopo l’ospedale si era imposta di tornare alla normalità. Ma tre settimane fa, mentre faceva ginnastica, è caduta nuovamente. E, probabilmente a causa di un piccolo ictus, le cose sono andate sempre peggio, come racconta la nipote Fiora Bartoli, che l’ha seguita in qualità di medico con un collega, rispettando la sua volontà di non tornare in ospedale.
«Per me e le mie figlie - ricorda Bartoli, mamma della celebre chef Antonia Klugmann e di Vittoria, manager ora della sorella - è stata una presenza costante e importante, poiché mia madre e lei erano sorelle molto unite, avevano studiato insieme a Napoli, e viaggiato molto. È stata una donna volitiva e di cultura, esempio di autonomia ed emancipazione. Una persona che non ha mai chiesto niente a nessuno».
Ilda, che sta per Ildegarla – nome di cui andava fiera soprattutto recentemente perché aveva scoperto che così si chiamava anche una badessa tedesca -, amava essere appellata con il cognome del suo consorte, con il quale non aveva avuto figli. La sua vita è stata un continuo vulcano in eruzione. Muggesana di origine, era nata il 20 dicembre 1916, figlia di Fioretta, che aveva un negozio di alimentari e un deposito di vino, mentre il padre, morto in guerra nel 1918, era stato direttore della Mutua, anche se aveva studiato Giurisprudenza a Graz. Ilda lascia presto il focolare domestico, prima per il collegio “Santa Gorizia” (per orfani di guerra, ma a pagamento). Poco tempo dopo però viene trasferita a Trento. «Mia mamma - aveva raccontato di recente - reputava che al Santa Gorizia ci fosse troppa libertà».
La famiglia Fontanot era benestante, tanto che Ilda potè frequentare l'università. Ma non a Trieste. La sua scelta ricadde, in piena epoca fascista, sull’Università Orientale di Napoli, per laurearsi in inglese e tedesco. Partecipò a tutti i Littoriali dal ’39 al ’42 e si iscrisse per scelta pure ai Gruppi universitari fascisti. Tra Capri e gli ambienti culturali della regione, la sua vita «era meravigliosa». Terminati gli studi, tornò a Trieste e fece qualche supplenza. Un annuncio di lavoro pubblicato sul Piccolo, però, le fece cambiare strada e la portò fino in Germania, dove diventò impiegata nella delegazione dei sindacati italiani e come direttrice dell'Istituto italiano di cultura. E proprio a Magdeburgo incontrò il futuro marito con cui, una volta tornata a Trieste, andò a vivere nella stessa casa dove è mancata l’altro ieri, ravvivata dai colori prediletti di Bertini: il blu e l'azzurro, presenti perfino in bagno. Un grande sperimentatore, che appartenne a quel milieu culturale esploso negli anni ’60 a Trieste con Miela Reina - il movimento “Arte viva” - di cui la stessa Ilda fu molto amica.
Quando scomparve Romolo, Ilda ne portò avanti con amore la memoria. Tra una cattedra e l’altra in alcune scuole triestine, volò poi a Cambridge con una borsa di studio. Si riteneva un’indipendente di sinistra, ma non ebbe mai una tessera di partito. Combattè attivamente per l’emancipazione femminile, diventando la segretaria personale di Letizia Svevo Fonda Savio in seno all'Alleanza femminile italiana. Entrò poi nell’Udi nel ’73. Amica dell’attivista politica Jole Burlo, e cofondatrice negli anni ’90 del Caffè delle donne, partecipò aella Consulta femminile nell’88. E una foto la ritrae a Mosca negli anni ’80 con Raissa Gorbaciova in occasione di un congresso. Venerdì le verrà dato l’ultimo saluto alle 10.45 nel cimitero di Muggia con un funerale laico.
Riproduzione riservata © Il Piccolo