L’angelo custode con la torcia che veglia sulla luce degli altri

di BENEDETTA MORO
Se si spegne la città, entrano in azione loro. Tutto parte dal telecontrollo elettrico, ma la scena si sposta immediatamente via telefono nella stanza da letto di Paolo Manià. Lui, che di giorno è il responsabile della distribuzione di energia elettrica per Trieste e Gorizia, di notte diventa un tecnico reperibile con l'attenzione solo sugli impianti di alta tensione e le cabine primarie. Chi si preoccupa che tutta la città sia sempre illuminata? La squadra notturna dell'AcegasApsAmga di cui Manià fa parte, composta di notte in totale da tre tecnici e quattro operai specializzati, cui si aggiunge l'operatore del telecontrollo elettrico. Un’équipe che opera singolarmente oppure in team, dipende dall'operazione. Ma tutti assieme cercano di darsi da fare per dare un «servizio alla comunità senza retorica» annuncia subito Manià. Pronto a buttarsi giù dal suo comodo letto, a infilarsi i pantaloni e una maglia, quando è necessario durante una delle notti di quella settimana al mese in cui è lui a essere il tecnico reperibile.
I figli, assicura, non sentono minimamente lo squillo che può arrivare in piena nottata. La moglie, un’economista, che riposa accanto, ormai è abituata. Paolo può parlare liberamente nella notte. Ma non perché faccia il nottambulo, piuttosto perché prima di andare direttamente nella zona del guasto, inizia già a dare delle indicazioni via telefono dal suo letto, e inevitabilmente sveglia la sua compagna. Dopo un po' di anni ormai riprende sonno subito - dice Paolo -. Percepisce che il mondo elettrico può essere comunque pericoloso». Fonte di «imprecisati pericoli». E allora prima di girarsi dall'altra parte per continuare a dormire, dice solo un “mi raccomando” prudenziale. Una settimana, quella della reperibilità, che «dà un ordine alla famiglia - dice - perché io sarei sempre in gita, invece il ritmo rallenta in quei giorni».
Il primo a dare il segnale di allarme in caso di un guasto per mancanza di luce in una certa zona della città è un altro uomo, l'operatore del Telecontrollo. Nell'enorme sede di AcegasApsAmga nell'area del Broletto, in via Italo Svevo, che monitora e gestisce da lì anche gli impianti di Gorizia, Udine, Imola e Modena e provincia e per gli altri servizi, come gas e acqua, anche Padova, tra i numerosi capannoni ce n'è uno in particolare, dove 24 ore su 24 Massimo Razzuoli, anche questa notte, con indosso un camice bianco, controlla tutto. Una divisa obbligatoria perché deve maneggiare alcuni macchinari. «Ab electrica vi lux calor et motus», si legge fuori dall'edificio. Vicino, una palazzina che ospitava nei primi anni del '900 la stalla per i cavalli che trainavano il tram.
Sembrerebbe di essere all'interno del cartone animato “Il mignolo e il prof”, dove i due topini ogni sera si industriano per «conquistare il mondo». Qui invece no, qui si tratta di servire la società e non lasciarla mai al buio. Questa è la missione che 365 notti all'anno si prefiggono gli uomini dell'AcegasApsAmga.
Razzuoli ha in mano le redini del sistema nervoso della città: da via Italo Svevo con i suoi numerosi pc, che a tempi cadenzati stampano i dati in tempo reale, controlla lo stato di salute degli impianti centrali che alimentano vie, quartieri, piazze. Uno schermo gigante riporta tutte le 11 cabine primarie sparse per il territorio e poste all'interno di gabbiotti appositi, incastonate tra gli edifici, quelle che trasmettono l'energia elettrica, e le secondarie, che si trovano per esempio nelle cantine dei palazzi e che la trasformano in luce perché arrivi nelle case.
Allarme. Dallo schermo si vede lampeggiare il segnale che indica mancanza di luce dalla cabina primaria in zona via Flavia. Un episodio emblematico di tanti altri. Segnalati da un sistema tecnico da remoto che funziona così anche per tutte le altre aziende che gestiscono l'energia elettrica in Italia. Una porzione della città è spenta. Problema: è esploso un trasformatore di tensione dentro un quadro elettrico di media tensione.
È sabato notte, sono le due del mattino. Il guasto è così grave, che il turnista, Razzuoli, dal Broletto non vede nemmeno tutti gli allarmi come in condizione di normale esercizio. E allora chiama Manià, che sta dormendo. E Manià deve alzarsi, l'indomani recupererà, perché per contratto se passa la notte in piedi, va a lavorare più tardi o nel pomeriggio per motivi di sicurezza. Paolo parla al telefono, intanto ragiona e si veste. Se il problema fosse minore, allora sarebbe il “call center” o direttamente il telecontrollo a risolverlo. Ma questa volta non è così. La Panda 4x4 bianca attende Paolo, il tecnico, per dirigersi negli impianti tra le vie Flavia e Pietraferrata. «Tutto qui è buio, gli apparecchi semaforici sono spenti» dice. A illuminare la via solo i fari della sua auto. Tira fuori la torcia che tiene sempre a bordo, e con quella si fa strada. La città non si rialimenterà subito. E allora Paolo deve chiamare gli altri tecnici reperibili e anche gli operai, tra cui Marco Bandel e Steven Pastorelli, dipendenti entrati in azienda anche loro per passione. Un lavoro potenzialmente pericolosissimo. E infatti hanno in dotazione degli abiti che li proteggono anche di fronte a rischi elevati. Perché pure Paolo Manià all'AcegasApsAmga lavora nel mondo elettrico, sognandolo da sempre per tanti motivi. Per il vicino di casa che, quando lui era piccolo, gli spiegava i dettagli del suo stesso mestiere, ma all'Enel: anche il nonno e il prozio di Manià bazzicavano con l'energia elettrica. Così oggi il suo piccolo, di nove anni, riconosce subito a distanza trasformatori e linee elettriche. Paolo, 43 anni, da giovane si era subito messo in testa che voleva essere “un reperibile” e dopo due anni è entrato anche nel servizio notturno, la prima vera nottata è stata per soccorrere l'area alimentata di Rozzol, la zona industriale, viale Ippodromo, Cattinara. «E me la cavai».
«È la bora, più che l'acqua che di solito crea problemi», spiega. Ma questa volta si tratta di altro. Dev’essere un piacere risolvere questi problemi, glielo si legge negli occhi. «Ciò che ci accomuna noi della “famiglia” - dice Paolo - è che possiamo dare un servizio alla comunità e per questo facciamo il nostro mestiere. Alle famiglie e alle aziende. E per questo ci interfacciamo anche con i reperibili notturni delle aziende». Gli operai, che hanno fatto un concorso apposito per raggiungere la loro posizione, entrano anche nelle case delle persone, vedono le situazioni più svariate e quando escono da lì, sanno di aver compiuto una buona azione. «Mi sono abituato - dice Bandel -, è bello aiutare ad esempio la signora che ha un problema».
Paolo riesce assieme a tutta la troupe a risolvere il problema e si ritorna a casa a dormire. A rimanere sveglia, insieme al turnista, è Maria Papaleo, l'addetta al call center 24 su 24. Ritorna inderogabile anche qui la solitudine dei numeri primi. Perché anche lei, come tante persone che fanno i mestieri notturni, riceve chiamate che non hanno un significato, se non quella di fare due chiacchiere. Dall'altra parte della cornetta non c'è un guasto, lei alla fine lo capisce. A Trieste va così. Ma a parlare con i clienti l'aiuta anche il corso aziendale di bon-ton, utile pure per spiegare gentilmente ai clienti quando non si tratta di un guasto dell'azienda, ma del privato, per cui l'intervento, in tal caso, è a pagamento. Ma quando deve offrire il suo aiuto, il suo pc lavora assieme a lei, per piccoli guasti che riguardano la bassa tensione. Monitora la zona fino all'Emilia Romagna. La chiamano anche i sindaci quando ci sono problemi. E lei chiama i tecnici di zona, dipendenti magari anche di altre aziende di energia.
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