L’atelier di Spagnoli ferito tra la ruggine

Fra i tanti edifici sfitti spicca quello che fu caro allo scultore Ma scuri chiusi e porte serrate si sprecano lungo tutte le vie
Foto BRUNI 13.04.17 S.Giusto-lavori,case abbandonate e degrado
Foto BRUNI 13.04.17 S.Giusto-lavori,case abbandonate e degrado

“Spagnoli”. Una scritta bianca con caratteri in stampatello, un po’ rovinata dal tempo. Che siano passati i mori di qui? No, è uno dei tanti illustri ricordi dello scultore triestino Nino Spagnoli, che in questo caso ha lasciato la sua firma sulla facciata dell’edificio di via Ospitale 14, sul colle di San Giusto, dove fin da giovane aveva lo studio, che era di proprietà del Comune. Accanto c’è un’altra palazzina, il numero 12, completamente disabitata e composta da 16 appartamenti, sempre nell’elenco pubblico. Sono alcuni dei tanti palazzi abbandonati che sopravvivono sul colle di san Giusto in attesa di un nuovo proprietario. Questione, in questo caso, di bilancio. «I due immobili - spiegano dal Comune - sono in vendita, si trovano nell’elenco di alienazione e andranno all’asta a settembre. Tutto il patrimonio immobiliare è stato monitorato in questi sei anni: ora o li vendiamo oppure, in sinergia con altri enti, troviamo una soluzione diversa. Spesso vi bivaccavano dei clochard, per questo abbiamo proceduto con le pulizie e adesso, se avremo a disposizione lavoratori socialmente utili, proseguiremo».

L’edificio più piccolo, in particolare, composto da un piano, è stato per tantissimi anni concesso a Spagnoli, autore di molti ritratti scultorei, tra cui quelli a tutta figura di Saba, Joyce e Svevo. Ma ci abitarono anche altri artisti, come Oreste Dequel. Ora la casa langue lì, abbandonata, ci penzolano attorno vecchie e arrugginite antenne tv e specchietti di motorini. Il bello è che Spagnoli venne sfrattato dal Comune «perché dovevano rinnovare la palazzina», come spiega la moglie Giuliana Pazienza, anche lei artista. E così lo mandarono in viale Miramare. «Ha tanto sofferto quando ha dovuto abbandonare la casa, lì aveva il suo mondo». E invece, dagli anni 2000, nessuno più ha messo mano a quei muri, dove regnavano «polvere, cavalletti, gessi, sculture», in una parola il caos creativo proprio degli artisti.

La desolazione del vuoto regna anche nella parte retrostante a via dell’Ospitale, una zona un tempo caserma militare. Si tratta di immobili che fino al 2014 erano di proprietà del ministero della Difesa, in seguito venduti alla Cassa depositi e prestiti Investimenti Sgr. Erano pronti, all’epoca, per un nuovo futuro. Quattro edifici con finestre sbarrate color verde, da tre o quattro piani ciascuno, delimitati da quattro vie, a formare un cortile per un totale di 3mila metri quadrati. Tutto disabitato. Un tempo antica sede vescovile, divennero poi Distretto militare. Sul sito della Cdp è il primo immobile visibile del portfolio e nella descrizione si legge: «Verrà riqualificato con l’insediamento di destinazioni residenziali». Un futuro rimasto per ora tale.

Ma il colle, in via della Cattedrale, raccoglie ancora molti edifici deturpati. Al civico 2, cinque piani di una palazzina senza quasi intonaco. I proprietari sono dei privati, la famiglia Zotti, che in città ha sparsi, da Servola a Cavana, ben altri 19 immobili. La famiglia è intenzionata a restaurarli e non a venderli. «Nella palazzina a San Giusto - spiega un erede - bisogna sistemare una tubatura rotta tempo fa dal freddo». E promette che «tutto tornerà a rifiorire». Nella stessa via Cattedrale, al numero 18, e in via Verzieri 2 si incontrano ancora scuri chiusi e porte serrate in capo sempre ad alcuni privati. (b.m.)

Riproduzione riservata © Il Piccolo