«L’Ater congeli gli aumenti dei canoni»

La richiesta delle maggiori sigle sindacali in attesa che si trovino dei correttivi e che si facciano delle verifiche
Di Francesco Fain
Bumbaca Gorizia 26.05.2016 Conf stampa Ater © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 26.05.2016 Conf stampa Ater © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

«Ci vogliono correttivi». Il concetto viene scandito con chiarezza dal segretario della Cisl Venezia Giulia, Umberto Brusciano. Il riferimento è alle proteste suscitate dal caro-canoni dell’Ater. L’introduzione dell’Isee ha finito con il rideterminare l’ammontare degli affitti con aumenti, in molti casi, notevoli. La conseguenza? Proteste, malcontento, travasi di bile. «Ed è chiaro che, arrivati a questo punto, bisogna ripensare l’intero meccanismo. Una premessa è doverosa: tutto nasce da una normativa condivisibile perché è giusto che non sia solamente la situazione reddituale a determinare il bisogno. È altrettanto vero che non si possono far entrare nel calderone dell’Isee i risparmi di una vita. Penso a una pensionata che, magari, ha messo da parte 20, 30mila euro e oggi, a causa di quel deposito, si ritrova a pagare un canone raddoppiaro. Bisogna correggere la rotta ed è quello l’appello che rivolgo a Regione e Ater», conclude Brusciano.

Ed è più o meno lo stesso ragionamento che fa Fulvio Fantini, responsabile provinciale di Federcasa. Pure lui invoca un dietrofront da parte di Regione e Ater per ricalibrare il tiro. «Abbiamo ricevuto anche nei nostri uffici persone che non riuscivano a dare spiegazioni all’ammontare dei canoni. Alla vigilia, si pensava che la situazione fosse più fluida, meno ingarbugliata. Invece, oggi emerge una vicenda che ha tutti i connotati della stangata. Che fare? L’Ater fermi la macchina per un attimo. Venga convocata una riunione con l’assessore regionale di riferimento (Maria Grazia Santoro, ndr) e si trovi una via d’uscita. Se ci sono così tante persone che protestano, significa che ci sono troppe anomalie da sanare».

Il nuovo canone, vale la pena di ricordarlo, è stato calcolato sulla base, oltre che del valore dell’immobile, dell’Isee censito e che corrisponde a quello del 2015. Tale Isee conteneva però un valore che comprendeva, oltre ai redditi derivati da lavoro o pensione, anche quei redditi che successivamente sono stati considerati esenti. Insomma, una complicazione nella complicazione.

Ilva Greatti (Assocasa) lancia un appello all’Ater affinché vengano analizzati con attenzione e puntiglio i casi più macroscopici. «La cosa più incomprensibile è che ad essere preso in considerazione è l’Isee di... due anni prima. Ci può essere così il caso di una persona che, nel 2015, lavorava e aveva una determinata situazione economica. Oggi non lavora più, eppure deve sorbirsi un aumento del canone. Non lo trovo giusto».

Semmai, a sentire Greatti, «l’Ater dovrebbe fare più attenzione ai requisiti. Ci sono persone che hanno il loro bel “macchinone” e continuano a risiedere in una casa popolare». Un’accusa che riecheggia quella formulata di recente da Carlo del Torre, presidente di Confedilizia Gorizia.

Di diverso tenore le dichiarazioni di Giuseppe De Martino, presidente regionale di Adiconsum. Lui preferisce guardare al bicchiere meno pieno. «Credo sia giusto che una persona paghi il canone in proporzione alle entrate che ha veramente. In passato, ci sono stati troppi “furbetti” che avevano accesso alle case popolari, pur non essendo propriamente bisognosi. È assolutamente corretto che vengano conteggiati anche i depositi bancari e gli altri parametri che concorrono a determinare la situazione economica di un individuo».

In ultimo, un dato che non è assolutamente secondario. La previsione di entrata complessiva per l’anno 2017, al netto delle rideterminazioni di canone in ipotesi di diminuita capacità economica, è stimata in 5 milioni 561.200 euro.

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