L’attualità dei classici e la lezione dei “Promessi sposi”

Davvero: spesso non c’è nulla di più attuale dei classici. Forse perché ogni classico contiene un certo numero di verità universali, che si ripresentano nel corso del tempo. In questi giorni sto leggendo in classe le pagine dei “Promessi sposi” dedicate alla descrizione della peste. Vi ritroviamo le stesse cose a cui stiamo assistendo nell’attuale pandemia. A scanso di equivoci: certamente, e fortunatamente, il Covid-19 non è la peste manzoniana, ma le reazioni di fronte al dilagare del contagio sono molto simili.
A colpire è soprattutto la disamina manzoniana di certe dinamiche psicologiche, sociali e politiche. Siamo nel 1630 e i medici più anziani, che ricordano la pestilenza del 1576 (la cosiddetta “peste di San Carlo” ), riconoscono in maniera inequivocabile i segni del morbo. Lo denunciano alle autorità, ma non vengono creduti. La prima responsabilità della politica è l’inerzia: non prendere per tempo le misure necessarie. Ma anche quando si convince che la peste a Milano c’è, il governatore non agisce, perché c’è una guerra a cui far fronte e quella è la preoccupazione principale, come oggi – se vogliamo avanzare un parallelismo (per quanto imperfetto) – quella per l’economia. Se la politica è colpevole, la popolazione è incosciente: «Sulle piazze, nelle botteghe, nelle case, chi buttasse là una parola del pericolo, chi motivasse peste, veniva accolto con beffe incredule, con disprezzo iracondo».
Nel personaggio di don Ferrante troviamo il prototipo di quelli che oggi chiamiamo “negazionisti”: coloro che, anche di fronte all’evidenza delle migliaia di morti, continuano a sostenere che è tutta una montatura. Don Ferrante ha letto sui suoi libri che in natura «non ci son che due generi di cose, sostanze e accidenti», e perciò, di fronte al diffondersi della peste, si convince che se proverà che il contagio non è né sostanza né accidente avrà provato «che non esiste, che è una chimera». Fa dunque in questo modo, trovando peraltro favorevole udienza presso molti: perché – annota acutamente Manzoni – «non si può spiegare quanto sia grande l’autorità d’un dotto di professione, allorché vuol dimostrare agli altri le cose di cui sono già persuasi». Si convince che la causa della morìa generalizzata sia una «fatale congiunzione di Saturno con Giove». E così – leggiamo – «non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s’attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle».
14 – continua
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