L’avvocato studioso di Nostradamus smette la toga dopo 45 anni in aula

l’intervista
«Chiudo lo studio perché non mi diverto più». Il personaggio c’è tutto: a cominciare dalla data di nascita, il 15 febbraio, che coincide con il genetliaco del padre. «E di Galileo», celia. Per finire alla grande passione della sua vita: lo studio delle quartine di Nostradamus. Luciano Sampietro, poco prima del compimento delle 72 primavere, ha deciso dopo 45 anni di aula giudiziaria che non avrebbe continuato a essere uno dei principi del foro triestino. «Negli ultimi vent’anni il lavoro è cambiato molto e in peggio, soprattutto perché è saltato il rapporto colloquiale e collaborativo che una volta esisteva tra magistrato e avvocato», racconta Sampietro, mentre mostra l’interessante quadreria antica/moderna nell’appartamento situato all’interno del compendio di villa Ermione, alle pendici di Scorcola. Lo accompagna la consorte, Lori Petronio, anch’ella avvocato, presidente della Caccia Burlo e componente del consiglio generale della Fondazione CRTrieste. «Ho cominciato ad acquistare dipinti da quando ho incassato la prima parcella», scherza Sampietro.
Ma avvocato, in che senso è saltato il rapporto tra giudice e avvocato?
Una volta bastava bussare alla porta dell’ufficio e il giudice, se non aveva impegni, ti accoglieva e così potevi parlare del tuo caso. Oggi, per avere un incontro, devi spedirgli una mail e non è detto che poi ti riceva. Oppure ti riceve, se gli proponi un patteggiamento o gli dici che il cliente - che è spesso innocente - vuole confessare. I contatti, durante la costruzione dell’indagine, sono scarsi e l’avvocato si trova sovente davanti al fatto compiuto. Ed è costretto a farsi l’indagine autonomamente.
Perché è maturata questa distanza tra operatori del diritto? In teoria l’obiettivo è comune: accertare la verità.
Oggi l’avvocato è visto come un nemico, dalla relazione umana siamo passati a quella informatica. Credo sia intervenuta una progressiva disistima verso la nostra professione. E va detto che non sempre i comportamenti della nostra categoria siano stati consoni alla situazione. Ciò non toglie che lavorare con l’inquirente non sia facile: fabbrica una sua verità, in essa si arrocca e spesso capita che difenda i suoi sbagli.
Ha detto che l’avvocato è costretto a farsi l’indagine con propri mezzi. Cosa intende?
Può accadere che, per ovviare alla difficoltà di partecipare alla preparazione del fascicolo, il professionista debba ricorrere a propri strumenti e modalità investigativi.
Adesso torniamo agli inizi. Quando la scelta forense.
Presto. Dopo il liceo Dante, mi sono laureato in Giurisprudenza con una tesi in diritto penale avendo avuto come riferimenti Gilberto Lozzi e Marco Siniscalco (padre del futuro ministro Domenico, ndr), che poi andarono a Torino. Ho svolto attività didattica all’Università, come assistente di Giovanni Gabrielli a diritto civile e tenendo un corso di diritto commerciale a Economia e commercio. Ho frequentato dapprima gli studi di Sergio Kostoris e di Piero Borgna, per approdare infine a quello di Carlo Amigoni, con il quale ho collaborato dal 1974 al 1983, quando ho rilevato il suo studio. L’associazione professionale in via San Francesco è durata fino al 2008, quando ho ritenuto di scioglierla e mi sono trasferito in via del Coroneo.
Lei ha lavorato “in utroque iure”, penale e civile. Ma è il penale quello che le ha conferito maggiore fama. Su quale tipologia di reati si è concentrata la sua attività?
Mi pare di aver fatto una dozzina di processi per omicidio e circa venticinque per bancarotta. Mi sono occupato molto, anche per formazione accademica, di reati di carattere economico-finanziario, reati da “white collars”. Non mi sono mai voluto occupare di furti e rapine.
Quali processi ricorda con maggiore emozione?
Ne ricordo tre in particolare. Tra fine anni ’80 e inizi anni ’90 c’è il caso Pittana, accusato di aver ammazzato la nonna e addirittura reo confesso. In Corte d’assise parlai per sei ore, il mio record personale, e riuscii a farlo assolvere, anche se purtroppo, nonostante la mia insistenza, mi fu impossibile consegnare alla giustizia quello che ritenevo essere il vero colpevole. Tra i “white collars” alla sbarra rammento la vicenda Matteucci, il commercialista che finì dentro accusato di aver incendiato il suo studio: in realtà si trattò di una macchinazione per toglierlo da una commissione chiamata a decidere su un importante appalto. Anche stavolta la spuntai. Terzo episodio il caso Lisini/Dittmerova, con la duplice morte del pianista e della ballerina: faccenda ancora insoluta, molto dibattuta, sulla quale ho presentato opposizione cinque volte.
Dopo il diritto, un grande e insolito interesse: l’interpretazione di Nostradamus, l’astrologo francese del XVI secolo, ritenuto uno dei maggiori autori di profezie storiche. Dove nasce questa attrazione?
Dalla combinazione di enigmistica e di storia. Mia madre mi ha trasmesso la passione per l’enigmistica, attraverso la quale sono giunto a Nostradamus, che possiamo considerare il padre del moderno enigma: sciarade, sottrazione letteraria, doppio-triplo senso, anagramma ... Cominciai con una conferenza al Rotary, poi passai da un approccio - diciamo - amatoriale a uno studio sistematico, basato sugli scritti originali (estrae un po’ di bibliografia, ndr). Dove scoprii una grande quantità di errori grammaticali e ortografici: ma si trattava di errori deliberati, per celare l’inghippo. Un chiarimento importante: non mi sento un interprete, ma un risolutore (mostra il suo libro “Settimo millennio”, pubblicato da Piemme nel 1999, ndr).
Quali previsioni ritiene di aver individuato nelle quartine di Nostradamus?
Posso fare alcuni esempi. L’attentato dell’11 settembre 2001 alle Torri gemelle newyorkesi, l’elezione di Bush jr alla presidenza Usa, la nuova Intifada palestinese anti-israeliana, la crisi finanziaria di dieci anni fa. Mi chiamarono tre volte al Maurizio Costanzo show.
Cosa significa la differenza interprete/risolutore?
Esaminiamo questa quartina. «Bestie feroci per fame i fiumi portano. La maggior parte del campo contro Hister sarà. Il grande in gabbia di ferro scortano giovin tedesco il Reno ammirerà». L’interprete sentenzia: questo è Hitler. Sbaglia. Il risolutore invece risale alla storia e coglie il periodo dove convergono tre accadimenti: siamo attorno al 1770, abbiamo la guerra russo-turca, la rivolta dei Cosacchi guidati da Pugaciov, la pubblicazione del “Giovane Werther” di Goethe.
Anche la musica classica è un capitolo significativo nel suo curriculum. Otto anni nel consiglio della Fondazione Verdi ...
Ero una nomina regionale, mi incrociai con le soprintendenze di Juan Cambreleng, di Armando Zimolo, di Claudio Orazi. Fu un’esperienza interessante, dalla quale compresi che l’autosufficienza gestionale era un’utopia. I costi sono molto alti, una produzione andava attorno ai 600 mila euro. Detta con franchezza, la cultura è un lusso e i lussi si pagano.
In politica solo un rapido assaggio nel 1994.
Già, una candidatura alle Europee per la Lega. Era appena defunta la prima Repubblica e ritenni che il Carroccio fosse una valida reazione all’establishment politico-economico che aveva dominato il secondo dopoguerra italiano. —
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