Le etichette per rozzi, loschi e testoni

Il vocabolarietto delle voci volgari è un variopinto, ironico e particolarmente lungo dizionario sulle parolacce. O comunque sui termini dispregiativi usati per appellare le persone. “Làsco” indicava un uomo rozzo, trasandato e sciatto, con “magnamòcoli” si additava un bacchettone e con “panèto” uno duro di comprendonio, un testone insomma. Un lavoratore considerato poco furbo era un “magnamòsche”, se invece si trattava di un seccatore, un rompiscatole, era un “intrigabìsi”. Il tipo losco, furfantello, era la classica “legèra”, mentre la gentaglia, i mezzi delinquenti, erano etichettati come “maròca”. Se però il farabutto era simpatico, ecco che veniva chiamato “marzòn”. Il portuale considerato capace, in gamba, bravo nel suo lavoro, e magari pure avvenente, era, un po' come si usa dire anche oggi al di fuori del porto: semplicemente un “figòn”.

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