Le masserizie degli esuli emozionano i bimbi veneti

«Pensavo che il Magazzino 18 non esistesse, che fosse stato inventato per poterci scrivere una canzone». Beatrice Romano ha nove anni ed è arrivata a Trieste assieme ai suoi compagni di scuola, una ventina di bambine e bambini delle classi quarta e quinta dell'istituto comprensivo Grimani-Visintini di Marghera. A condurli in Porto vecchio è stato il richiamo di una storia che hanno conosciuto attraverso le parole del cantautore Simone Cristicchi e del suo Magazzino 18. Una delegazione del Comune di Venezia, guidata dall'assessore Renato Boraso, e un nutrito gruppo di membri dell'Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia del capoluogo veneto hanno guidato i bambini alla scoperta di un luogo di forte impatto, primo capolinea dell'esodo istriano-fiumano-dalmata. «Sono venuto a cercare mio padre in una specie di cimitero, tra masserizie abbandonate e mille facce in bianco e nero». Le note della canzone Magazzino 18 sono risuonate all'ingresso del vetusto edificio ottocentesco che è divenuto simbolo della diaspora istriana. Sono stati gli stessi alunni veneziani a riproporre un testo «che è entrato nei loro cuori e nel loro immaginario», dopo averla già cantata in occasione delle cerimonie della Giornata del ricordo che si sono svolte a Marghera lo scorso 10 febbraio.
Chiusi nei loro grembiulini blu, sui quali hanno appuntato un tricolore da loro stessi disegnato, i bambini hanno seguito in religioso silenzio Rossella Zohar, maestra di origini zaratine che ha accompagnato la scolaresca assieme a Alessandro Cuk, vicepresidente nazionale dell'Anvgd, e a Piero Delbello, direttore dell'Irci. La voce narrante che ha guidato gli alunni all'interno del magazzino dove sono state accatastate le masserizie degli esuli è stata quella di Fiore Filippaz. La donna, arrivata a Trieste da Grisignana nelle ultime ore del 1955, «in una gelida giornata di neve e Bora», ha raccontato il dolore vissuto in seguito alla perdita di Marinella, la sorella di un anno che è morta di freddo a un mese dal loro arrivo al campo profughi di Padriciano e che lo stesso Cristicchi ha voluto ricordare nella sua opera teatrale.
La polvere che si è depositata sulle masserizie e l'odore acre del legno umido hanno fermato il tempo all'interno del Magazzino 18. Centinaia di mobili, sedie, stoviglie e molti altri oggetti di uso quotidiano sembrano essere stati lasciati momentaneamente in quel luogo, in attesa che i legittimi proprietari ne rivendichino il possesso. Maria Degrassi, Maria Ivessa, Giovanni Spessot, F. Depase: sono solo alcuni dei nomi che gli stessi esuli hanno scritto sui mobili e sulle sedie nella vana speranza di poterli recuperare. Lo spazio dove sono stati accatastati i libri e i quaderni di scuola dei giovanissimi esuli ha lasciato a bocca aperta i piccoli visitatori. Pagine scritte con una calligrafia ordinata hanno idealmente unito gli studenti di un tempo agli attuali scolari. I nomi di Augusto Petronio, Alfredo Malato e Virgilio Bussani sono così tornati a galla in una sorta di appello che ha attraversato gli ultimi settant'anni.
«Sognavo di portare i miei alunni in questo luogo da oltre due anni - ha spiegato la maestra Zohar - Ho trovato giusto dare forma concreta a un Magazzino che ha trovato posto nell'immaginario di questi bambini». Prima di lasciare il Porto vecchio e di essere ricevuti in Comune dal sindaco Roberto Dipiazza, i bambini hanno firmato il quaderno delle visite, dove hanno trovato posto anche le loro emozioni. «Quando canto Magazzino 18 mi emoziono sempre e mi viene da piangere - così Aurora Pasqualetto, nove anni - Non credevo che questo posto potesse essere così grande». Anche Camilla Maria Candelù è rimasta stupita dalla grandezza dell'edificio: «Non avrei mai immaginato che questo luogo potesse contenere tante masserizie - le sue parole - Penso a quanto devono aver sofferto le persone che sono state costrette ad abbandonare la propria casa».
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