Le motivazioni dello sciopero in via Gambini: «Senza altro personale a rischio la rete dei Csm»

Laura Tonero
Lo sciopero di giovedì 9 maggio al Csm di via Gambini. Foto Silvano
Lo sciopero di giovedì 9 maggio al Csm di via Gambini. Foto Silvano

TRIESTE «Eravamo un punto di riferimento per la salute mentale, la città di Basaglia, ma le cose stanno cambiando, anche per questo speriamo che lo sciopero scuota la direzione di Asugi, ma anche la politica». Spiegando le motivazioni che hanno spinto il personale del Centro di salute mentale di via Gambini allo sciopero di giovedì 9 maggio, dalle 8 alle 10, Francesca Fratianni della Cgil e Fabio Pototschnig della Fials anticipano come «nel caso da Asugi non arrivino maggiori garanzie sulla riapertura sulle 24 ore di quel Csm, indiremo un altro sciopero e saremo costretti a rivolgerci ai vertici regionali». «La politica – così i due sindacalisti lunedì nel corso di una conferenza stampa – deve esprimersi sulla volontà o meno di mantenere quattro Csm a Trieste».

Per capire bene quello che sta succedendo, bisogna fare un passo indietro. Quel Csm opera solo sulle 12 ore dal novembre 2021, con inevitabili disagi per gli utenti che necessitano di un ricovero notturno, costretti al trasferimento serale nel Csm di Domio o nel reparto di Diagnosi e cura del Maggiore. Promesse di una riapertura notturna erano già state raccolte in passato prima dai familiari degli ospiti (attorno a quel centro ruotano circa 800 utenti) e poi dai sindacati.

L’ultima nel marzo scorso, con l’ipotesi di una riapertura sulle 24 ore a fine estate. Fials e Cgil però hanno forti dubbi «considerando che per riaprire il servizio servirebbero 5 infermieri e 2 operatori socio sanitari, e che nel corso di un recente incontro in Prefettura – spiegano Fratianni e Pototschnig – Asugi ha evidenziato una carenza di 60 infermieri tra Trieste e l’isontino».

La difficoltà a reperire personale – valutando che a un Csm difficilmente viene assegnato un infermiere alla prima esperienza – potrebbe essere uno degli ostacoli invalicabili per il riavvio del servizio notturno del centro di via Gambini. «Questo – aggiungono i sindacalisti – considerando che all’ultimo avviso di Asugi hanno risposto solo 15 infermieri, che di recente dalle strutture dell’Azienda hanno dato le dimissioni 16 infermieri da Trieste e 20 dall’isontino, e che all’ultimo concorso indetto da Arcs per circa 338 posti, hanno partecipato in 282 e 47 non hanno superato la prova». Il timore di Cgil e Fials «è che tenendo conto che iniziano a essere in affanno a livello di personale anche altri Csm di Trieste, il rischio è che non si vada verso un ampliamento del servizio in via Gambini, bensì verso la chiusura, nel tempo, di uno dei quattro centri». Questo a fronte «anche di un aumento di utenti di giovane età e della necessità di una ripresa dei progetti di prevenzione dei suicidi».

Alla conferenza stampa di Cgil e Fiasl erano presenti il vicepresidente del Consiglio regionale Francesco Russo e la consigliera di Patto Autonomia – Civica Giulia Massolino. «Quello che viene denunciato dai sindacati – così Russo – è l’ultimo di una serie di eventi che rendono evidente la strategia di privatizzazione che sta portando a smantellare tutte le strutture pubbliche per costringere le persone, o almeno quelle che possono, rivolgersi al privato». Massolino invece ricorda come la sua interrogazione sul Csm di via Gambini, presentata il 23 gennaio, non abbia ricevuto risposta nei termini previsti.–

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