L’EREDITÀ DI BLAIR

Ieri Tony Blair ha rassegnato le dimissioni, dieci anni dopo la sua prima vittoria elettorale del 1° maggio 1997. Quel giorno, dopo aver votato per la prima volta in Gran Bretagna, rimasi anch'io alzato tutta la notte a godermi lo spoglio dei voti. È il momento, perciò, per una riflessione personale sul Blairismo. Premetto subito che il mio giudizio è decisamente positivo, e questo spiega in parte il perché di questo articolo. Ho l’impressione che chi in Italia dovrebbe naturalmente identificarsi in Blair e nelle sue politiche, lo veda invece in modo negativo.


Forse perché si conosce poco quello che ha fatto in politica interna, visto che i media e l'opinione pubblica si sono concentrati soprattutto sull'intervento in Iraq, e sul suo presunto filo-americanismo e filo-liberismo. In Italia se n'è parlato poco, ma il governo di Tony Blair ha redistribuito risorse in modo sostanziale: i ricchi pagano più tasse di dieci anni fa e i poveri ricevono più risorse, sia nella forma di trasferimenti, sia nella forma di beni privati forniti dal settore pubblico. Nel 1997 si dette un obiettivo: eliminare la povertà infantile entro vent'anni, con ambiziose tappe intermedie, che, finora, sono state quasi raggiunte. Oltre che un potente simbolo, eliminare la povertà infantile è un obiettivo di fondamentale importanza per l'efficienza e l'equità, anche se poco sensato da un punto di vista elettorale: i bambini non votano. Ma come ripete il premio Nobel Jim Heckman, l'intervento sui bambini è il solo efficace per cambiare il capitale umano nel lungo periodo, perché la carriera e il successo di una persona sono sostanzialmente delineati dall'adolescenza. Considerazioni di efficienza economica a parte, il nostro senso di giustizia ci dice che sono i bambini nati nelle famiglie povere che più di ogni altro devono essere messi in condizione di costruirsi un avvenire.


La redistribuzione è stata fatta con un occhio alla microeconomia e un occhio alla politica: da un lato meno trasferimenti a pioggia e più incentivi, nella forma di riduzioni di imposta alle famiglie, riduzioni di imposta ai pensionati, sussidi a chi ha bassi redditi da lavoro, e così via. Questo ha eliminato imposte marginali effettive superiori al 100 per cento, cui dieci anni fa era soggetto chi riceveva sussidi. Il rovescio della medaglia è la creazione di una selva di moduli, formulari e procedure di valutazione che scoraggiano i potenziali beneficiari, e riducono i fondi trasferiti: molti rimangono poveri perché non chiedono ciò a cui hanno diritto. È un problema serio ed è difficile vederne una soluzione semplice. La redistribuzione è stata, nel complesso, accettata dalla nazione: oggi chi vive di sussidi non è più considerato un parassita, come vent’anni fa sotto Margaret Thatcher.


All'altro estremo della distribuzione del reddito, sono state ridotte o eliminate le scappatoie fiscali: molte decisioni apparentemente oscure e sicuramente incomprensibili ai giornalisti hanno portato un bel po' di reddito. All'aumento della tassazione media non ha corrisposto un aumento di quella marginale: l’aliquota massima sul reddito è salita dal 40 al 41 per cento, l'imposta sul reddito da capitale si è ridotta sostanzialmente, la soglia al di sopra della quale si paga Iva è molto più alta, esistono forti incentivi all'investimento in capitale fisico e in capitale umano; e così via. La crescita economica è stata sostenuta e stabile, senza inflazione e senza crisi, e, come riporta l'Ocse nell’Economic Outlook del 24 maggio 2007, la disuguaglianza dei redditi rimane contenuta, e inferiore, ad esempio, a quella italiana. Il governo laburista ha aumentato notevolmente le risorse spese dal settore pubblico in servizi, quali la sanità e l'istruzione, che costituiscono il fondamento dello stato sociale. Una parte non indifferente dell’aumento ha avuto la forma di aumenti salariali ai dipendenti pubblici.


Ed è il motivo per cui nel breve periodo non vi sono stati miglioramenti del servizio commensurati all'aumento di risorse: si tratta di un cambiamento che avrà effetti di lungo periodo, che cambierà la qualità degli utenti e dei dipendenti del settore pubblico. Oggi, lavorare nel settore pubblico, e utilizzarlo come utente non è più solo la scelta obbligata di chi non è abbastanza bravo per lavorare nel settore privato o abbastanza ricco da utilizzarlo, ma è una possibile alternativa al settore privato per giovani brillanti e cittadini benestanti.


In questo campo, il maggior successo di Tony Blair è aver spostato l'ago della bilancia, cambiando l'atteggiamento dell'opinione pubblica di "centro", che a sua volta ha trascinato con sé il partito conservatore, alla ricerca disperata di politiche elettorali vincenti, mutandone la filosofia: per Margaret Thatcher l'obiettivo era permettere a chi lo volesse di acquistare privatamente sanità e istruzione, per David Cameron l'obiettivo è fornire istruzione e sanità pubblica di qualità talmente buona che anche chi si può permettere il servizio privato preferisce quello pubblico. Un cambiamento così radicale della destra significa che per la prossima generazione non vi sarà un ritorno alla demonizzazione del servizio pubblico che c'è stata sotto Thatcher.

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