L’ex imprenditore, la vecchia gloria del calcio e i “chip” da un euro per la cena di fine torneo

IL REPORTAGE
Parlare oggi del gioco delle carte a Trieste vuol dire ricordare, a volte, trattorie che ormai resistono solo nei ricordi dei tanti, attempati, fan di briscola e tressette.
Oggi “Baldon” non c’è più. Non ci sono più neanche “Gloria”, “Tirolese” e “Pina dei Porchi”. E l’elenco, ancora, potrebbe essere lungo. In certi rioni, addirittura, non si trovano più osterie. Un piccolo esempio? San Luigi, che anni addietro pullulava di locali, tra cui l’osteria “de Tonda”, già celebrata da Mauro Covacich nella sua “Trieste sottosopra”.
Una delle ultime gestioni di questa splendida trattoria, caratterizzata da due entrate e da uno splendido campo di bocce, quella del celebre oste Valerio Zugan, attorno al 1970 offriva ai lavoratori un piatto di jota o di minestra d’orzo al prezzo stracciato di 65 lire. Altri tempi. Oggi, tuttavia, ci sono dei nuovi punti d’aggregazione che riescono a coagulare le comunità.
In via Flavia, il “Terzo tempo” di Andrea e Davide sembra oggi andare per la maggiore, mostrandosi in grado di organizzare quasi ogni mese un torneo di carte degno di questo nome. Qui se la passano quasi ogni giorno Santo e Marcello.
Tra una mano e l’altra Santo ricorda: «Sono ormai 75 anni da quel 2 ottobre 1943, quando avvenne un rastrellamento dei tedeschi nelle campagne capodistriane. Mio padre era uscito alle sei del mattino e fu tra quelli che non tornarono a casa. Questo anniversario lo celebreremo con una grande messa nella vicina chiesa del Gesù divino operaio».
Santo Favento ha tanta voglia di raccontarsi. La cosa particolare è che il “Terzo tempo” si trova proprio al piano terra dell’edificio dove costruì il suo piccolo impero. «Da giovane mia madre mi mandò a Trieste dai parenti – spiega – e qui ho iniziato a darmi da fare. Sono stato operaio alla raffineria Aquila per 15 anni. Ho lavorato anche nella vendita dell’ortofrutta. Poi un giorno ho chiesto al padrone di questo stabile di via Flavia quanto costava l’affitto, scoprendo che era uguale alla mia paga, 70 mila lire. Da qui ho iniziato la mia attività di vendita di autoricambi arrivando, nei primi anni Novanta, a fatturare 15 miliardi di lire all’anno. Poi l’avvento dell’euro e il progressivo scemare della clientela d’oltreconfine mi hanno consigliato di mollare la presa. Oggi, a oltre 80 anni, le carte sono diventate un buon passatempo».
Al “Terzo tempo” Favento ha trovato l’amico Marcello Chies, con cui smazza scopa quasi ogni giorno. «Abitiamo tutti e due vicino – dice Marcello – e qui viene tanta gente a giocare, ma c’è posto anche per noi. Oggi sono pensionato, ho trascorso un’esistenza intera ai Monopoli di Stato di via Malaspina, iniziando a confezionare sigarette per continuare con tanti altri lavori in seno a quello stabilimento».
Quante storie dietro a quei mazzi di carte. Al tavolo vicino c’è un’autentica leggenda per chi ha a cuore, e sono ancora in tanti, il Ponziana che fu. Giuliano Gerin, al tempo nel ruolo di libero con i “Veltri”, fece parte di quella mitica squadra che nel lontano dicembre 1974, in serie D, di fronte a oltre 20 mila spettatori, fermò la Triestina. Mai si videro tanti paganti per una partita di quarta serie. «Eravamo dilettanti, ci si allenava tre volte la settimana, eppure riuscimmo a piegare i nostri titolati cugini».
Oggi il pallone riposa in naftalina, ma Giuliano ha sempre voglia di cimentarsi, e al cuoio ha sostituito le carte. Oltre a smazzare al “Pedocin”, si trova con gli amici al “Terzo tempo”. Si gioca scopa a 15 e poi briscola e tressette, il venerdì, ogni settimana. «Siamo qui dalle 16 alle 19», interviene l’amico Furio Paris, un passato da dipendente Acegas come dirigente di magazzino, a controllare materiali e attrezzi. «Se mi arrabbio quando perdo? Certamente – sorride – specialmente con Giuliano, è inevitabile».
Ilario Attini è un altro giocatore dell’allegro gruppo. Anche lui con un passato di responsabilità, controllore dei collaudi alla Grandi Motori. «Come tanti sono andato in pensione usufruendo del riconoscimento di legge per aver lavorato con l’amianto».
«Assieme agli amici – aggiunge – non manco mai all’appuntamento settimanale. La posta in gioco? Ognuno di noi provvede a versare una sorta di “chip” di un euro che, alla fine della stagione, diventa un gruzzolo con il quale pagare la nostra cena di fine campionato». Ruggero Cavaliere, un passato nella Guardia di finanza, arriva a Trieste da Barletta, e nel gruppo interpreta alla perfezione il ruolo di numero “13”. A sentirlo, anche la sconfitta più bruciante non riesce a scalfirlo. Salvo prendersela bonariamente, qualche momento dopo, con Furio.
Ma, si sa, il gioco delle carte è sempre in grado di riscaldare gli animi. E avvince, anche se a molti non piacerà ammetterlo, anche per questo. Si chiama voglia di vincere. E funziona a tutti i livelli. Anche tra amici di vecchia data. —
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