L’ex premier Janša si candida dal carcere

TRIESTE. Galeotto ma candidato alle prossime elezioni politiche. Non accade in qualche oscura repubblica del centrafrica o in un Paese delle banane nei Caraibi. È quanto accade in Slovenia, Stato membro dell’Unione europea. Il protagonista di questa vicenda da fantapolitica è il presidente dei democratici (Sds-centrodestra) ed ex premier Janez Janša. Dopo la condanna definitiva per corruzione nell’Affare Patria a due anni di detenzione e la bocciatura da parte della Corte costituzionale del suo ricorso (ora la sentenza è finalmente ufficiale) Janša venerdì prossimo dovrà presentarsi alla casa circondariale di Dob per iniziare a scontare la sua pena.
Ma tutto questo non ha fermato i democratici a candidare l’ex premier a un seggio da deputato. Seggio che, in base alla vigente legislazione slovena, non potrà mai occupare (non può sedere sui banchi della Camera di Stato chi è stato condannato in forma definitiva apiù di sei mesi di reclusione). Ma è chiaro che a Janša non interessa il Parlamento, interessa sbattere in faccia ai suoi detrattori e nemici politici, la forza dei voti che spera possano garantirgli l’elezione. E il caso giudiziario ora diventa esclusivamente un caso politico.
Janša non ha ancora deposto le “armi” giudiziarie che gli garantisce il diritto sloveno. L’ex premier infatti è ricorso alla Corte suprema (simile alla nostra Cassazione) ma è assodato che i tempi tecnici non eviteranno che Janša vada in carcere il prossimo venerdì. Da rilevare che sui nove giudici costituzionali tre hanno espresso giudizi differenti dalla maggioranza sostenendo, in buona sintesi, che il processo a carico di Janša è puramente indiziario e che perciò non può portare a una pena detentiva. Forte della non unanimità ieri Janša è di nuovo uscito allo scoperto denunciando quelle che a suo modo di vedere sono nuove incongruenze del processo che lo hanno visto uscire come condannato. Janša ha spiegato come nel filone finlandese (Patria è un azienda che ha la sede legale in Finlandia) dell’inchiesta (con relativo processo) il faldone processuale contiene settimla pagine in più rispetto a quello sloveno. Secondo janša i magistrati di Lubiana hanno consultato ed acquisito agli atti solamente i documenti che facevano comodo alla loro tesi accusatoria.
È chiaro che la decisione della Sds di candidare il proprio presidente alle elezioni politiche anticipate non è passata sotto traccia nel mondo politico sloveno. Secondo Alleanza Bratušek la decisione è «imperdonabile» mentre il vicepremier e ministro degli Esteri uscente nonché leader del Partito dei pensionati (Desus), Karl Erjavec sostiene che nelle normali democrazie una simile persona abitualmente non potrebbe più essere politicamente attivo. Più dura Marta Kociper, Alleanza Bratušek e presidente della commissione affari istituzionali del Parlamento che definisce la vicenda «assurda e impresentabile». Chiunque operi in questo modo, aggiunge, «calpesta i più elementari standard etici e morali nonché lo stato di diritto e la reputazione della Slovenia».
«Il legislatore - afferma ancora Erjavec - non ha previsto una simile situazione perché non aveva nemmeno supposto che nel nostro Paese possa verificarsi una simile situazione». Il nuovo leader della Lista nazionale (Dl) Bojan Starman liquida il tutto con un solo termine: «Circo». Più prudente il leader dei socialdemocratici Dejan Židan il quale sostiene che i partiti, se vogliono veramente bene alla nazione, devono smetterla di commentare le sentenze dei giudici, ma devono piuttosto rispettare le loro decisioni.
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