L’impianto a Romans di Calcestruzzi Trieste sequestrato dal Noe
Un primo sequestro, a fini probatori, era scattato già nel maggio 2019 ad opera dei carabinieri del Noe in un’area di circa 20 mila metri quadrati e uno stoccaggio, ritenuto illecito, di 30 mila mq di materiale per l’edilizia. Ma stavolta, alla conclusione dell’attività investigativa, i sigilli sono stati apposti ai impianti – o meglio all’attrezzatura impiegata, due tramogge e una vasca di scarico – sicché da martedì l’attività della Calcestruzzi Trieste srl, operativa a Romans e con una sede (si tratta di un deposito) anche a Trieste, da decenni impegnata nel ciclo del cemento, ma con autorizzazioni pure in materia di raccolta rifiuti, può considerarsi paralizzata.
I 24 dipendenti della società a conduzione familiare sono in ferie fino al 24 agosto. E sul rientro, come rileva il legale incaricato dall’azienda di seguire la vicenda, Pierluigi Fabbro, pesa più di un interrogativo. L’avvocato, che ha chiesto a un geologo uno studio per corroborare le tesi difensive, perorerà istanza di dissequestro al Tribunale del Riesame, entro il termine previsto di 10 giorni. «In una situazione di crisi dell’edilizia e dopo il lockdown questa attività rischia di non poter più lavorare», commenta.
Tutto si è svolto mercoledì, quando il Noe di Udine, con personale Asugi e i colleghi della sezione carabinieri della Procura di Gorizia hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo emesso il 7 agosto dal gip Carlo Isidoro Colombo e trasmesso ai militari due giorni prima dell’intervento dal sostituto procuratore Valentina Bossi, che sul caso aveva aperto il fascicolo. La misura cautelare, secondo la nota diffusa ieri, ha tratto fondamento dalle «approfondite indagini» condotte dai militari dalle quali sarebbero emerse «evidenti infrazioni alle norme ambientali», la presenza di una discarica abusiva di inerti, la gestione illecita di rifiuti, e «numerosissime criticità in materia di sicurezza sul lavoro riscontrate dall’Azienda sanitaria», tra cui «la mancata revisione di alcuni macchinari, l’assenza del documento di valutazione dei rischi e l’inadeguatezza dell’impianto antincendio».
Le indagini hanno quindi svelato dunque «un gravissimo quadro di plurime violazioni delle norme in materia ambientale e di prevenzione degli infortuni» che ha indotto ad avanzare richiesta di sequestro preventivo degli impianti alla Calcestruzzi. —
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