L’instancabile paladina delle donne in carriera innamorata di Trieste

Dalla gestione dell’azienda di famiglia al volontariato  E ora il sigillo trecentesco della città: «Lo dedico ai miei nipoti»
Silvano Trieste 10/06/2015 L' ANDE incontra, Barbara Franchin
Silvano Trieste 10/06/2015 L' ANDE incontra, Barbara Franchin

L’intera città è passata per il suo salotto e non c’è evento di pubblica rilevanza al quale non la si incontri. Tanto che qualcuno sostiene, con una vena di affettuosa ironia, che sia lei il vero sindaco di Trieste. Dopo il Sigillo della Provincia ricevuto nel 2013, ieri Etta Carignani Melzi è stata insignita di quello Trecentesco del Comune: «Di tutti i riconoscimenti che ho ricevuto, nessuno vale quanto questo». Ha dedicato la sua vita al mondo dell’imprenditoria e alla famiglia (oggi è bisnonna). Ma il suo impegno non finisce qui: da sempre attiva nel mondo del volontariato, è ancora oggi in prima linea nella battaglia per garantire alle donne pari opportunità di accesso alle posizioni apicali.

Marchesa Carignani, a chi dedica il sigillo trecentesco?

Ai miei tre nipoti, in particolare a Manfredi che lavora a Padova. Quando gli ho chiesto se sarebbe venuto a trovarmi, per la consegna del sigillo, mi ha mandato un’email: «Ovunque tu andrai, nonna, io ci sarò sempre». Poi ci sono Gregorio, che lavora agli Champs-Élysées e Gabriella, che ha due bambini con suo marito Alex. I due maschi, di 35 e di 27 anni, invece non sono sposati…

Che effetto fa ricevere questo riconoscimento?

Ringrazio il Comune per avermelo assegnato. Ne ho ricevuti tanti nella mia vita, niente però vale quanto il premio da parte della città che ha visto nascere l’impero di mio padre, prima, e i miei nipoti in seguito. Ma che è anche il luogo dove vivo, la capitale europea della scienza, con la piazza più bella del mondo.

Che voti dà ai suoi amministratori?

Trieste ha un sindaco molto in gamba, di certo la persona giusta per gestire le pubbliche relazioni della città. Questa realtà deve poi molto anche a Francesco Russo, a Debora Serracchiani e a Roberto Cosolini: soprattutto il Porto. Zeno D’Agostino lo presiede in maniera eccellente e Roberto Dipiazza è bravo a collaborare con quella realtà in perfetta armonia. Ricordiamo che Trieste nasce come porto imperiale, grazie a una grande donna quale fu Maria Teresa.

Maria teresa, una donna al comando: sono i suoi temi…

La mia vita si può suddividere in tre parti. La prima mi vede giovane sposa, che arriva a Trieste ed entra in un gruppo mondano, forse un po’ troppo: di quella mondanità ha sofferto il mio matrimonio. La seconda fetta della mia esistenza è dedicata all’azienda. La terza è rappresentata dal volontariato, a partire dalla morte della mamma, che si era adoperata per la ricostruzione nel dopoguerra assieme alle grandi imprenditrici del Nordest e oltre. Le donne in carriera erano poche, allora, e facevano rete.

Nel volontariato lei è tuttora in prima linea.

L’Associazione nazionale donne elettrici (Ande) e l’Associazione imprenditrici e donne dirigenti d’azienda (Aidda) sono tra gli amori della mia vita. Ande nacque nel dopoguerra grazie a Carlotta Orlando per portare le donne al voto: ci è riuscita. Negli anni ’80 Giuliana Florio e Carla Mocavero capitanavano a Udine: abbiamo lavorato assieme, in anni in cui i campanilismi tra le due città erano ancor più aspri che oggi, per portare Ondina Barduzzi fino in Parlamento. A ottobre sarò relatrice del grande convegno ad Ancona: parlerò di Trieste e del nostro territorio. Con Aidda invece stiamo combattendo affinchè le donne raggiungano posizioni apicali secondo il merito e che ci siano facilitazioni sociali per le mamme.

Il suo doppio impegno, civico e imprenditoriale, l’ha portata in giro per il mondo.

Sono stata in Australia, Nuova Zelanda, India, Africa oltre che in tutta Europa. Siamo stati i primi a cucinare gli spaghetti all’italiana alle fiere internazionali, poi ci hanno copiato. Nel 1989 ero in Germania a presiedere al primo incontro con le donne imprenditrici dell’Est: erano arrivate con il pallottoliere, guardate dove sono oggi. Nel 1991 in Bosnia Erzegovina ho portato un progetto europeo per far nascere le prime realtà imprenditoriali. Ho visto alcune di quelle donne buttarsi in ginocchio per la gratitudine verso le opportunità che si vedevano offrire. Ma cosa vuole, gli anni Novanta erano altri anni per l’Italia. La mia famiglia possedeva i quotidiani il Piccolo e il Messaggero Veneto, l’impresa femminile era di moda, all’inizio della grande espansione: facevamo convegni a Roma e all’estero portando il know-how italiano.

Quali altre cariche ha ricoperto?

Sono stata vice presidente nazionale vicaria e consigliera nazionale dell’Associazione nazionale donne elettrici (Ande); presidente dell’Ande Trieste; presidente nazionale onoraria dell’Associazione imprenditrici e donne dirigenti d’azienda (Aidda). Sono socia di Inner Wheel e del Rotary club grazie a Pierpaolo Ferrante e a sua moglie Cristina; socia onoraria del Lions club dell’alto Adriatico; della Croce rossa (fin da ragazza, quando portavo pacchi casa per casa a chi non aveva niente); della Fondazione Teatro Verdi. Sono presidente della fondazione Hazel Marie Cole, che organizza il Premio alla bontà. Una volta ho ricevuto una medaglia dal presidente del Senegal, con motivazione europeista e mondiale di aggregazione.

Quali sono i suoi ricordi più belli a trieste?

Quelli legati a mio padre, per quanto io non l’abbia conosciuto. Guido Segre, figura chiave nel settore del carbone autarchico italiano, fondò le città carbonifere di Arsia e Carbonia, in Croazia e in Sardegna. In questo modo tolse l’umiltà al lavoro degli uomini che strisciavano nei cunicoli delle miniere, dando loro nuova dignità nell’abitare. Quando Carbonia fu inaugurata purtroppo il papà già non c’era più come personaggio pubblico, perché era stato colpito dalle leggi razziali mussoliniane. Innamoratosi del Fvg durante gli anni della Grande guerra, aveva in seguito fatto in tempo a costruire un impero, a Trieste.

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