L’invasione dei bosniaci dalla Dalmazia all’Istria

La Croazia nella Ue potrebbe richiamare 100mila persone entro il luglio 2013 Spalato e Zara le principali mete del flusso migratorio che arriverà sino a Fiume
epa02207551 European Commission President Jose Manuel Barroso speaks during a joint press conference after the European Heads of States council, at the EU headquarters in Brussels, Belgium, 17 June 2010, at a one day European summit where EU leaders will talk over jobs and economy, over the next the climate politics. EPA/BENOIT DOPPAGNE BELGIUM OUT
epa02207551 European Commission President Jose Manuel Barroso speaks during a joint press conference after the European Heads of States council, at the EU headquarters in Brussels, Belgium, 17 June 2010, at a one day European summit where EU leaders will talk over jobs and economy, over the next the climate politics. EPA/BENOIT DOPPAGNE BELGIUM OUT

FIUME

La cosa è ormai scontata. L’adesione della Croazia all’Unione europea, fissata per il luglio 2013, comporterà una nuova ondata migratoria che vedrà riversarsi nella regione di Zagabria e soprattutto nei centri costieri migliaia di nuovi inquilini provenienti in massima parte dalle regioni contermini della Bosnia-Erzegovina. Una nuova “calata al mare” che ripeterà in sostanza quella già provocata negli anni Novanta dal conflitto nell’ex Jugoslavia. Solo che stavolta le motivazioni saranno completamente diverse: non più la necessità di sottrarsi ai pericoli della guerra “tutti contro tutti”, ma – in qualità di neocittadini croati – avvalersi dei benefici offerti dall’appartenenza Ue e quindi dalla libera circolazione all’interno del mercato comunitario. Il fenomeno è già in atto, ma è destinato sicuramente a intensificarsi fino alla data fatidica del primo luglio 2013. L’ingresso della Croazia nell’Ue, confermato dal presiedente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso (foto), è destinato a svuotare ulteriormente le regioni bosniache in cui la componente nazionale croata è più consistente.

La nuova “calata” dovrebbe investire in primo luogo le località della costa dalmata e l’area metropolitana zagabrese, nella quale l’attuale sistema fortemente centralizzato offre maggiori opportunità di lavoro e sistemazione. Tralasciando la capitale e limitandoci alla costa, le più esposte al nuovo flusso immigratorio saranno sicuramente le regioni di Ragusa (Dubrovnik), Spalato e Zara, le più vicine all’entroterra bosniaco e nelle quali sussistono buone possibilità di occupazione nell’edilizia, nel turismo-alberghiera e in varie altre piccole attività, ristorazione inclusa. Un calcolo, forzatamente approssimativo ed empirico, quantifica in circa 100 mila i croato-bosniaci che fino all’estate 2013 potrebbero mettersi in moto per trasferirsi in pianta stabile in riva all’Adriatico, anche avvalendosi del marchingegno del diritto alla doppia cittadinanza.

Il flusso dovrebbe riguardare in misura minore (non però tralasciandole le tutto) le regioni di Fiume e dell’Istria, nelle quali gli “immigrandi”, facendo leva su vincoli di parentela o amicizia con altri neoresidenti arrivati negli anni Novanta, avrebbero maggiori difficoltà a stabilirsi. Il fenomeno ha già suscitato una certa apprensione nel governo di Zagabria, che per il momento appare ancora disorientato e perplesso nel considerarne le conseguenze, e le dichiarate apprensioni delle leadership politiche croato-bosniache. Il pericolo paventato da quest’ultime è costituito dall’ulteriore rarefazione del nucleo etnico croato in Bosnia (specie del ceppo erzegovese) che già negli ultimi 10-15 anni è andato progressivamente contraendosi. I dati lo confermano in maniera inesorabile. Il censimento ex jugoslavo del 1953 quantificava i croato-bosniaci in quasi 655 mila persone, con un’incidenza del 23 per cento sulla popolazione globale bosniaca; nel 1996 il nucleo contava 571 mila anime, ma con un’incidenza scesa al 14,5 per cento. Secondo stime ufficiose, inoltre, nell’ ultimo quinquennio la componente croato-bosniaca si sarebbe ulteriormente ridotta, arrivando a un totale di 459 mila nel 2008 e a 442 mila all’ inizio dell’anno in corso. Con l’odierno risultato che nell’area della Bosnia centrale e dell’Erzegovina una miriade di villaggi fino a qualche tempo fa abitati da residenti di ceppo etnico croato contano ormai sempre più case disabitate e poderi abbandonati. I cui proprietari o i loro discendenti sono si sono ormai stabiliti definitivamente o in Croazia o altrove nel mondo. Presto – sottolinea un esponente politico erzegovese – potrebbe succedere che le case sprangate nelle aree di insediamento tradizionale croato-bosniaco siano più numerose che non la popolazione residente.

f.r.

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