L’investigatore privato: da noi mogli sospettose e genitori preoccupati

All'ingresso non c'è nessuna targa e lo scorcio di New York in bianco e nero nel poster alla parete dell'ufficio di via Garibaldi rappresenta l'unica concessione romantica allo stereotipo dell'investigatore privato. All'angolo della cornice un volantino ricorda una lucciolata in memoria di Tatiana Tulissi, la trentasettenne uccisa nel novembre 2008 con tre colpi di pistola in una villa di Manzano. «È stata forse la nostra indagine più difficile, ma è ancora aperta e la nostra verità non è ancora finita», dice Sergio Marchese indicando un faldone alle sue spalle. Oggi a gestire l'agenzia Aigo service è la figlia Malinka, ma a fondarla nel febbraio 1995 è stato lui. Ex agente della Squadra Mobile ha lasciato la polizia per mettersi in proprio.
«Allora, per avere una licenza bisognava aver indossato una divisa. Oggi bisogna essere laureati e aver fatto tre anni di collaborazione in un'agenzia», ricorda spiegando che il lavoro non ha niente a che vedere con quello dei film. «È un mestiere bello e interessante, ma si deve stare attenti a come ci si muove. In altri Paesi gli investigatori privati hanno più margini di movimento, qui siamo in un altro mondo. Non si può andare oltre a certi paletti. Appena si supera il limite sono guai e il gioco non vale certo la candela perché ci si gioca la licenza». Osservazione, pedinamento, controllo: molte indagini sono routine. La più vecchia (ma oggi anche unica) agenzia goriziana si muove su tre piani: privati, aziende e difesa penale. Il campo delle consulenze penali è senza dubbio il più stimolante, ma rappresenta anche la fetta percentualmente meno rilevante dell'attività.
Nella maggior parte dei casi l'Aigo lavora su mandato degli avvocati. I legali chiedono consulenze di vario tipo per conto dei propri clienti. Che si tratti di un caso di rinegoziazione dell'assegno di mantenimento del coniuge o di una verifica di fedeltà di un coniuge o di un dipendente, l'esito si traduce spesso in un una testimonianza in aula: «L'importante è dire la verità». A bussare alla porta dell’agenzia, insomma, sono spesso genitori preoccupati e coniugi sospettosi, soprattutto le moglie. Basta fare due passi e si arriva in Slovenia dove c’è il supermarket del sesso. Come dire che le tentazioni non mancano.
Ma a bussare alla porta dell'agenzia ci sono, per esempio, anche genitori preoccupati dagli strani ed improvvisi comportamenti dei figli. «Con noi le persone si aprono: diventiamo dei confidenti e, alle volte, ci raccontano storie che lasciano sconcertati». Fedele al principio di riservatezza, Marchese non cita però alcun esempio. «Noi siamo quelli che forniscono le prove, se ci sono». In aula le sentenze vengono decise sempre più spesso sulla base dei cavilli. «Si è perso il senso dell'indagine intesa come raccolta di fonti e di informazioni - nota Marchese -. Oggi si cerca di dimostrare tutto attraverso la scienza e la tecnologia. Sono elementi importanti, ma dovrebbero essere d'ausilio. Il territorio è importante e, se lo conosci, lavori meglio. Ho sempre odiato le intercettazioni, preferisco le fonti dirette».
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