Lo sfogo dei baristi: «Soffocati dalle tasse e dalle bollette»
«Non lavoriamo più per vivere, ma viviamo per lavorare. E per pagare». Nessuno dei baristi e degli esercenti goriziani, ormai, si sorprende più della chiusura di questo o quel locale, o di apprendere che ultimamente anche l'unico settore che sembrava resistere alla crisi, quello della ristorazione e dell'intrattenimento, stia segnando il passo. Negli ultimi 4 mesi 14 locali e 6 ristoranti hanno chiuso bottega nell'Isontino? Nulla di strano, secondo i baristi goriziani, visto che bollette, tasse, spese fisse e recessione stanno stritolando anche i più fortunati. «Lavoriamo tanto, anzi sempre, ma questo non basta più – dice Igor Coceani, del caffè Al Corso -. Dobbiamo pagare affitto, bollette salatissime, tasse, commercialisti e dipendenti. Basta qualche giorno di pioggia e gli affari vanno a picco, e la gente, con la crisi, esce di meno. E ogni piccola iniziativa che cerchiamo di attuare per invertire la tendenza ci costa un patrimonio». Un esempio? Se un locale vuol proporre le partite di calcio, per attrarre gli appassionati, deve prepararsi a sborsare oltre 5mila euro all'anno, tra abbonamenti alle pay tv, il pagamento della Siae e il canone Rai. «Come si vive? Si sopravvive, direi – si sfoga anche Jessica Zanoletti, del bar Metroquadro di corso Italia -. Negli ultimi anni le cose vanno sempre peggio, e ormai siamo arrivati al punto di lavorare di fatto solo per pagare le spese di gestione del locale, e per evitare di chiudere. Anche perché poi non è che viviamo nel bar, ognuno di noi ha una casa e anche lì sono tasse, bollette e spese continue». I locali, dice Jessica, sono costretti ormai a tenere aperto sette giorni su sette, per provare a far quadrare i conti. Ma ci vogliono allora più dipendenti, e i dipendenti costano. Così anche chi potrebbe lavorare bene, ha l'acqua alla gola. «Non è il lavoro che manca, almeno per chi come me ha la fortuna di lavorare sulla via principale – spiega Gianpaolo Bisio, del Caffè Teatro -. I clienti ci sono, ma sono le spese che sono sempre più alte, insostenibili. Si va dalle bollette alle tasse, dalla Siae ai dipendenti. Se almeno ci togliessero il registratore di cassa, potremmo risparmiare quei 5mila euro all'anno, o più, che vanno in commercialisti. Insomma, è sempre più dura per tutti, e noi abbiamo appena mandato via due dipendenti. Non mi sorprendo di sapere che c'è molta gente che chiude». «Come categoria siamo assolutamente tartassati – dice convinto anche Raffaele Pilo, del Corner Caffè -. Pensiamo alla tassa dei rifiuti, e a quanto costa agli esercenti. Oppure agli affitti: i nostri introiti negli anni sono diminuiti di molto, ma gli affitti o le spese fisse restano altissimi. In questo modo non si può proprio continuare». (m.b.)
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