Lo yacht del tycoon si rifà il look a Trieste

TRIESTE C’è uno yacht di 80 metri ormeggiato nella parte settentrionale del Canale navigabile. Ha un nome originale, “Chopi Chopi”, che in arabo sembra significare “veloce veloce”. Non è la prima volta che tocca le rive triestine, perchè nello scorso aprile si era appalesato, nelle sue forme eleganti, al molo Pescheria, avendo scelto quella volta l’approdo in pieno centro.
Stavolta i motivi che vedono la silhouette di “Chopi Chopi” stagliarsi nelle periferiche banchine dalle parti di Riva Giovannida Verrazzano, sono altre: il proprietario dell’unità, l’imprenditore libanese Taha Mikati, ha deciso di eseguire lavori sul suo gioiello nautico e ha scelto Trieste come riferimento per la realizzazione delle opere a bordo. Non si tratta solo di routine manutentiva, perchè il previsto ampliamento contempla un ponte per l’elitrasporto.
A convincere Mikati, tycoon della telefonia e fratello di un importante uomo politico del Paese mediorientale, la rete d’imprese denominata Trieste Refitting system (Trs), che coordina l’attività di cinque aziende: Zinelli&Perizzi, Studio Meccano, Ocean, Nuovo Arsenale Cartubi, Quaiat.
È la prima commessa che questa “rete” triestina riesce a pescare avendo svolto un massiccio dissodamento promozionale: non è casuale che la buona novella giunga dopo la recente “spedizione” al Salone di Montecarlo, uno degli appuntamenti internazionali di punta per il settore nautico. Una mano è arrivata dalla Camera di commercio.
Era il quinto anno che Trieste Refitting System scommetteva sulla presenza nel Principato e finalmente i risultati si sono visti: incrociando le dita, a “Chopi Chopi” potrebbe fare prestissimo compagnia un altro yacht, desideroso di qualche ben studiato ritocco. La “rete a cinque”, per portare a casa questo prestigioso ordine, ha vinto la concorrenza di altri otto cantieri mediterranei, tra cui Fincantieri.
Ogni partecipante alla cinquina ci mette qualcosa di suo: a Zinelli&Perizzi spetteranno gli interni, allo studio Meccano il lavoro di progettazione, al Nuovo Arsenale gli interventi strutturali, a Ocean il bacino e la verniciatura, a Quaiat la meccanica e l’impiantistica. Project manager è Matthew Sainz, professionista anglo-italo-spagnolo.
Non che a Trieste non si facessero queste lavorazioni, ma stavolta la carta vicente, a contraddire finalmente la scarsa cooperatività autoctona, è stata la capacità di mettere a regime le diverse competenze. Per questo motivo, favorevole auspicio di feconde politiche industriali, è interessante evidenziare l’impresa compiuta dal quintetto nautico.
La commessa implica sette mesi di lavoro nel bacino numero uno dell’ex Arsenale gestito da Ocean; il valore dell’ordine deve essere ancora precisato ma si muove in una forbice tra i 3 e i 4 milioni; impegnerà complessivamente una cinquantina di addetti. La potenzialità produttiva triestina è ancora limitata, per cui, se approderà il secondo yacht, il quintetto avrà già saturato la disponibilità.
“Chopi Chopi” è, nel suo ambito, un campione. È stato costruito un paio di anni fa dai cantieri anconetani Cnr, proprietà del gruppo Ferretti. Cinque ponti, una trentina di uomini di equipaggio, una dozzina di ospiti accomodabili in 5 cabine, dech armatoriale di 190 metri quadrati. Il tutto per un valore stimato attorno agli 80 milioni di euro. Diciamo un milione di euro ogni metro di lunghezza. A suo tempo, correva il gennaio 2013, alla consegna accorse anche Tan Xuguang, presidente del gruppo cinese Weichai che ha comprato e risanato Ferretti.
Una curiosità che però dà l’idea del giro d’affari che arrivi di questo tipo comportano: per sistemare l’equipaggio, è stato in pratica “requisito” uno stabile nel centro cittadino, con quattro appartamenti.
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