L'oscuro grafittaro torna in azione. Trieste ora è satanista e surreale

Attraverso le imprese di una banda di loschi scrittori, un collettivo aninimo svela in un libro il lato underground della cità rievocando vecchie "ferite" sui muri 
Foto Tecno Virus
Foto Tecno Virus

Chissà se l’incivile graffitaro che dieci anni fa riempì con le sue provocatorie scritte i muri, i palazzi e i cassonetti di Trieste covava doti di preveggenza. La sigla con cui l’anonimo pittore aveva ricoperto il centro città suonava allora come una minaccia in bilico tra l’era telematica e il futurismo pop: “Tecno Virus Triestini Stragisti”. Oggi, nel cataclisma della pandemia che ha stravolto la vita di tutto il mondo, quel “Tecno Virus” non fa più pensare al pericolo che infetta il computer e la sua memoria intaccando programmi e file, ma riporta a una contingente e drammatica emergenza sanitaria. Quella sigla risvegliava echi di musica creata nel laboratorio di uno studio all’avanguardia con effetti, riverberi elettronici e una buona dose di post-produzione da parte di un ispirato disc jockey. Ma poi la parte che recita “Triestini Stragisti” creava un rimando con le contestazioni sanguinarie di gruppi anarchici e frange armate eversive, un odore di malessere politico e sociale che in città ha sempre trovato esposizione e sfogo proprio nell’imbrattamento di edifici e strade.

Un graffito esplosivo, un riassunto narrativo pronto a scoperchiare tutto un mondo sotterraneo, il perfetto titolo per un’avventura goliardica. Una tentazione forte a cui un misterioso collettivo artistico non ha potuto fare a meno di cedere. Qualche mese fa, tra i cartelloni pubblicitari affissi in giro per la città, ne compare uno sconvolgente: torna la scritta “Tecno Virus” ma la seconda parte della sigla diventa “Triestini Satanisti” e, cosa ancora più incredibile, si tratta dell’annuncio dell’uscita di un libro. La creazione del graffitaro mitomane ha ispirato un romanzo e tutta una serie di relative attività promozionali opera di un gruppo che vuole rimanere anonimo e si diverte ad allestire un insolito fenomeno mediatico. Su Facebook nasce la pagina Tecno Virus Triestini Satanisti, che gioca col pubblico proponendo immagini e video curiosi: un uomo mascherato, con la voce camuffata, entra nelle librerie cittadine per assicurarsi che il volume sia regolarmente distribuito, per le strade intervista i passanti, molti dei quali rispondono con la proverbiale aspra cortesia locale, e accende la discussione sul termine “stragisti” trasformato in “satanisti”.

Tutta l’operazione si muove sul crinale sottile dell’ironia, ma la domanda che accende la curiosità è: chi si nasconde dietro? La risposta non è immediata ed esaustiva e l’unico indizio per risalire al mistero è proprio la pagina Facebook. Le informazioni che ci arrivano in un primo tempo sono sibilline: frasi come «Il libro si è scritto da solo» e «Sono proprio i personaggi che si raccontano» rivendicano l’originalità del progetto. Scavando tra il materiale disseminato su internet e procedendo per deduzioni si risale a una certezza: l’autore non è solo uno ma si tratta di un collettivo, una decina scarsa di persone, un gruppo di amici sulla quarantina, gente abituata a bazzicare tra musica, grafica, video, disegno e scrittura, con salde basi nel mondo della comunicazione. Ma infine, pur sempre in forma anonima, una risposta arriva su Messenger: «Il motivo di tutto questo mistero è duplice. La gente, in questi tempi fatti di follie da social network, se la prende per qualsiasi cosa e nessuno ha voglia né tempo di star dietro a chi potrebbe risentirsi per una storia volutamente caricaturale. Inoltre Trieste è un po’ un paese in cui, in certi ambienti, ci si conosce tutti: anticipare la pubblicazione di un’opera con la faccia di chi ne è l’autore svilisce il lavoro, ne vizia il giudizio.

Ecco quindi l’idea di donare alla città un testo enigmatico quanto il suo autore». Per capirci qualcosa di più analizziamo la trama del romanzo. La storia vede all’opera un oscuro personaggio che si fa chiamare Dante, il quale convoca a Trieste un gruppo di persone reclutate per prendere parte a una delicata missione. L’impresa affonda le radici nel forte sentimento indipendentista da sempre acceso in una parte della cittadinanza e nelle mire fantapolitiche di alcuni che si incaponiscono inneggiando al Territorio Libero di Trieste, lontana chimera dei tempi della guerra fredda. La squadra che si riunisce in città per quella che diventerà subito un’avventura ricca di ritmo e suspense è composta da quattro uomini e una donna, tutti provvisti a loro volta di precisi soprannomi: Svevo, Saba, Joyce, Magris e Tamaro.

Avrebbe dovuto esserci anche un certo Slataper, morto poco prima in un’altra pericolosa missione. I cinque eroi sono goffi, una Banda degli Scrittori che non si trova d’accordo praticamente su niente e vive di frustrazioni e insicurezze che ne condizionano rovinosamente le operazioni. Del cast fanno parte anche il tenente Polselli, un giovane salernitano comico mancato, e Don Patz, losco figuro legato al satanismo, culto maledetto ben radicato a Trieste. Dissacrante e avvincente, la storia segue lo stile di GTA - Grand Theft Auto, un videogioco americano per computer e console tutto incentrato sull’azione. Nel romanzo, però, alle sparatorie, ai furti d’auto e alla super violenza si sostituisce piuttosto un’ambientazione sopra le righe, emerge una città popolata da personaggi caricaturali dove non è chiaro chi siano i buoni e chi i cattivi. In un clima surreale la storia gioca con stereotipi e leggende metropolitane svelando, con un taglio cinematografico e pop, una Trieste underground, losca, insidiosa, ambigua e irresistibilmente divertente. — © RIPRODUZIONE RISERVATA

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