Loser: l’Italia non rischia una crisi greca ma senza l’euro facciamo naufragio

Parla il triestino numero uno di Arca Fondi, principale realtà di risparmio gestito in Italia: «I piani di addio alla moneta unica? Se ci fossero sarebbe il panico sui mercati e le code ai bancomat. L’aumento dello spread oltre quota 300 impoverisce le famiglie

TRIESTE «Negli ultimi anni dopo la crisi del 2007-2008 il Pil mondiale è cresciuto di 80 trilioni. La crescita spinta dalle tecnologie è stata molto forte e ciò ha portato a salari più alti, creazione di posti di lavoro, spese per investimenti, più credito ai consumatori. Due miliardi di persone al mondo sono uscite dalla povertà assoluta. Ma allo stesso tempo sono cresciute le diseguaglianze in un mondo dove la ricchezza resta concentrata in poche mani e dove i primi dieci super-ricchi valgono 100 miliardi. Ma non possiamo pensare che questi squilibri possano essere risolti con il ritorno agli Stati nazionali e al protezionismo»: Ugo Loser, triestino, è amministratore delegato e direttore generale di Arca Fondi Sgr, fra le principali realtà nel risparmio gestito in Italia. E qui analizza gli scenari sui mercati finanziari, compreso il caso Italia che resta “troppo grande per fallire”. Per questo Loser non crede che si arriverà a una deriva di tipo argentino: «I mercati ci metterebbero a dura prova prima che questo pericolo riesca a manifestarsi». Situazione compromessa? «Non direi. Siamo un Paese con grandi imprese innovative pronte a quotarsi in Borsa, grandi possibilità di crescita e una importante vocazione al risparmio delle famiglie».

Loser, che succede sui mercati? Si torna a parlare di una possibile nuova recessione.

Lo scenario si è complicato. Non c’è solo la Brexit. Le politiche reaganiane e protezionistiche di Trump a basi di dazi commerciali e tagli alle tasse hanno alimentato una crescita “drogata” dell’economia americana. Poi c’è la sfida Usa-Cina. Ma ora Wall Street ha deciso di punire l’ottimismo ingiustificato di Trump anche se le imprese americane stanno facendo profitti record.

I governi populisti in Europa, compresa l’Italia, spingono per una neo-autarchia e ottengono consensi..

La classe media europea sta perdendo benessere e chiede protezione di fronte all’emergere delle nuove paure: si spiega così il consenso verso le nuove forme di populismo soprattutto in Paesi come Polonia, Ungheria, il gruppo di Visegrad e oggi l’Italia.

L’Italia è un Paese fondatore dell’Europa. Il governo a giorni alterni sembra evocare piani di uscita dalla moneta unica. Con quali conseguenze sul risparmio degli italiani?

Non si può preparare di nascosto un piano di uscita dall’euro, che comporterebbe vari mesi di preparazione, a rischio di provocare il panico sui mercati. Se tornassimo alla lira il Paese si impoverirebbe all’improvviso. Non ci sarebbe più nessuno in grado di fare un mutuo e ci sarebbero le code ai bancomat.

Il governo propone una politica di sforamento anti-Maastricht del deficit oltre il 2,5%. Quale potrebbe essere il prezzo di uno “schiaffo” all’Europa?

Queste sono politiche insostenibili che possono creare un conflitto con l’Unione europea considerate le dimensioni dell’Italia che non è la Grecia o la Slovenia. L’Europa manca però di un anima politica. Nessun Paese europeo, in primis la Germania, è disposta ad assumersi l’azzardo morale della condivisione dell’enorme debito italiano. L’Italia non si può permettere una politica espansiva creando deficit mettendo a repentaglio 4,4 trilioni di risparmio privato.

Rischi di contagio?

Lo spread (il differenziale tra i Btp e i Bund tedeschi) intorno a quota 300 per i mercati non sconta ancora rischi di contagio agli altri Paesi europei. Ma certo un eventuale rischio default dell’Italia potrebbe estendersi anche al resto dell’Europa. Non credo però che questo accadrà.

Spieghi. La tenuta dei nostri conti preoccupa le agenzie di rating che si preparano a declassare il nostro debito e l’Europa..

Dopo la crisi del debito sovrano sono state rafforzate le barriere anti-contagio. I mercati potrebbero accentuare la pressione fino a livelli insostenibili per le nostre finanze. Di fronte a un impoverimento del Paese il consenso verso il governo scivolerebbe ai minimi storici.

Come siamo arrivati fin qui?

La recessione ha messo in ginocchio gli Stati aggravando il debito dell’Italia. Le crisi bancarie in Europa hanno distrutto 280 miliardi di ricchezza. Oggi l’Europa, grazie alla disciplina finanziaria (fiscal compact) e al quantitative easing di Draghi, è tornata a crescere. Una manovra finanziaria forzata sul deficit rischia ora di mettere a rischio i conti del nostro Paese.

L’effetto spread ha fatto riemergere timori sulla tenuta delle banche italiane..

La perdita di valore delle banche è una diretta conseguenza dell’aumento dello spread con un impatto diretto e significativo sulle capacità di crescita del Paese. Per ristrutturare una casa ci vogliono capitali. Se sparisce il credito sprofondiamo nella crisi. Gli istituti di credito italiani detengono 387 miliardi di euro di debito pubblico italiano, secondo la Banca centrale europea, e ciò li lascia fortemente esposti.

Cosa accadrà?

L’Europa e le istituzioni finanziarie, al di là degli ammonimenti delle sue istituzioni, non hanno alcun interesse a creare un caso Italia. Siamo un’eccellenza industriale che ha le risorse economiche per risolvere i problemi di diseguaglianza e di crescita. Abbiamo molte medie e piccole imprese a vocazione esportatrice, innovatrici e spesso leader mondiali nel loro settore, che sono riuscite a prosperare e generare valore per l’economia italiana. Da queste risorse economiche e produttive il nostro Paese può ripartire. —




 

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