«Ma quale eroe sono fatto così Non c’era tempo per la paura»

GRADISCA. «Sinceramente fatico ancora a elaborare l’accaduto. So solo che ho avuto l’istinto di tirare il freno a mano e correre verso quel ragazzo». Mariaurelio Colasurdo, per tutti “Mario”, accetta di rivivere quei secondi frenetici e interminabili. «È scattato il verde al semaforo della passerella, l’ho percorsa, quando di colpo ho notato che questo ragazzo che vedevo caracollare in lontanaza si è improvvisamente sporto oltre il parapetto – racconta –. Non ci ho pensato due volte, ho lasciato la macchina in mezzo alla carreggiata e mi sono infilato nel guardrail per avvicinarmi. Ho cercato di non mettergli ulteriore agitazione. Con calma gli ho ripetuto “fratello, fratello, che fai? Vieni qui che ne parliamo, ci fumiamo una sigaretta”. Ma con una gamba era ormai oltre la protezione. Allora l’ho afferrato con forza e riportato di qua, mentre un passante che aveva visto tutta la scena già avvertiva i carabinieri. È andata bene – commenta Colasurdo –. Non credo di aver fatto nulla di eroico, sono fatto così. Il fatto che si tratti di un ospite del Cara, poi, non cambia un bel nulla. Siamo tutti umani e tutti sulla stessa barca. Ho visto una persona in difficoltà, confusa, e questo è quanto. Alla fine mi ha chiamato papà, sembrava parlarmi dei suoi due figli in Pakistan. Spero stia bene, possa essere curato e non pensare più a commettere un atto del genere».

Anche Tiziano Grattoni, il passante che ha avvertito le forze dell’ordine, accetta di buon grado di fornire la propria testimonianza. «Stavo percorrendo la passerella in senso opposto a quello del migrante, perché col mio cane stavo rientrando a casa a Gradisca – racconta –. L’ho visto sporgersi e fissare il vuoto. Poi di colpo ha attraversato la carreggiata per spostarsi sull’altro lato del ponte, è inciampato e ha fatto un bruttissimo ruzzolone. Tant’è vero che mi è venuto l’istinto di prendere il cellulare dal marsupio, temevo avesse battuto la testa. Con mia somma sorpresa, nonostante il capitombolo, si è rialzato di colpo per andare a cavalcioni sul parapetto. Sono rimasto impietrito. Colasurdo è stato bravissimo nell’avere il sangue freddo di soccorrere il pakistano. Gli ha parlato con molta calma, ha fatto un ottimo lavoro anche dal punto di vista psicologico. C’è chi dirà che avremmo dovuto lasciarlo al suo destino – è la riflessione amara di Grattoni –. Ma una vita umana è una vita umana, soprattutto se disperata come quella di questo ragazzo». —

L. M.

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